
Estate 1991. I carri armati e i militari russi lasciano Praga il 21 giugno, dopo il crollo del muro di Berlino e lo sgregolamento dell’Unione Sovietica.
Di lì a qualche giorno il 25 ebbe inizio la fine della Jugoslavia con la “Guerra dei dieci giorni”, il primo vero conflitto armato in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. In quello stesso giorno sia Slovenia che Croazia dichiararono la propria indipendenza da Belgrado. Ai proclami Lubiana fece seguire un ammutinamento tra i militari presenti nel proprio territorio e scontri con i federali costretti ad indietreggiare, supportati dalla popolazione. Dieci giorni di guerriglia armata e di posizionamento sul terreno con l’occupazione dei passi frontalieri che portarono la Slovenia a staccarsi definitivamente dalla Repubblica federale ed essere nel giro di qualche mese riconosciuta come Stato indipendente.
I morti furono meno di un centinaio di morti, ma questa guerra segnò la storia recente della Jugoslavia e dell’Europa.
La guerra, che si concluse nell’arco di soli dieci giorni, dopo che le forze jugoslave non seppero sfruttare il proprio armamento pesante, prese in contropiede da una resistenza slovena a suo agio nel territorio, fu tra le poche parentesi felici delle guerre balcaniche. Infatti come previsto, gran parte delle truppe federali di ritorno dalla Slovenia rimase in Croazia a combattere la sanguinosa guerra d’indipendenza croata, a cui poi si aggiunse quella in Bosnia. Da quell’estate fino al 1995 i combattimenti e le operazioni di pulizia etnica nell’ex Jugoslavia rasero al suolo interi paesi, fecero tra i 130 e i 150mila morti tra soldati e civili e quasi quattro milioni di profughi.
Le guerre balcaniche ebbero fine solo dopo la guerra in Kosovo (1998-1999), che portò con sé oltre che a morti sul campo anche a innumerevoli violenze da ambo le parti.
A sostegno delle popolazioni vicine, durante le guerre balcaniche, concreta e costante è stata la generosità e l’impegno di parrocchie, associazioni, gruppi e privati cittadini del nostro territorio.
Enrico Vendrame