TREVISO: la Cna propone il fotovoltaico sopra ogni capannone
Per risparmiare 70 milioni di mc di gas l’anno
Favorire artigiani e piccole imprese nell’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, il sole in particolar modo, può realizzare in poco tempo una riduzione dei consumi di gas, nella sola Marca Trevigiana, pari a 70 milioni di metri cubi l’anno!
«Artigiani e piccole imprese rappresentano un potenziale enorme per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili – afferma Luca Frare, presidente di CNA territoriale di Treviso -. Purtroppo queste categorie sono fortemente penalizzate, escluse da tutte le misure di incentivazione per le rinnovabili che sono concentrate sulle famiglie e sui grandi impianti, attraverso il sistema delle aste con risultati peraltro molto modesti. Invertire la rotta è una esigenza per il Paese».
I prezzi energetici a livelli record e i timori di penuria di gas (che in Italia viene usato per produrre energia elettrica molto più che negli altri paesi europei) hanno rianimato, anche sul nostro territorio, il dibattito sulla necessità per l’Europa, e soprattutto per il nostro Paese, di accelerare sul percorso di una diversa e più efficace composizione del mix energetico e di riequilibrio geografico dei flussi basato sulla sicurezza degli approvvigionamenti e su prezzi in linea con i principali partner. A pochi giorni dalle barbarie di Bucha ed Irpin, che hanno sconvolto le opinioni pubbliche di tutto il mondo, l’indipendenza dal gas russo diventa un imperativo non solo economico ma anche morale.
Un ruolo chiave ce lo può avere l’impresa artigiana. Le imprese, infatti, rappresentano un potenziale enorme per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili.
Nella nostra provincia, si potrebbero realizzare subito almeno 15 mila impianti (uno per capannone!) per l’autoproduzione da rinnovabili con conseguente riduzione dei consumi di gas di, appunto, oltre 70 milioni di mc l’anno con un risparmio per le imprese in bolletta di 380 milioni di euro e, oltretutto, un taglio di CO2 di circa 400 mila tonnellate annue.
A livello nazionale, un contributo pubblico del 50% sul costo dell’investimento costerebbe circa 1 miliardo in tre anni allo Stato: una somma importante ma non sproporzionata rispetto alle risorse contro il caro-energia e che si può finanziare riorientando il PNRR sulle fonti rinnovabili.
Per CNA questa è la direzione verso cui andare: definire interventi mirati, semplificare al massimo le procedure, incentivare gli interventi attraverso specifiche detrazioni. Tutto ciò avrebbero ricadute positive sia sull’ambiente con un taglio importante di emissioni di CO2 che sull’economia: si attiverebbero ingenti investimenti privati e tanto lavoro per le imprese artigiane del territorio valorizzando le filiere locali. Oltre che, naturalmente, sulla sicurezza energetica del Paese.
Un altro dato fa riflettere sul beneficio nel breve e nel lungo termine di una politica come questa proposta da CNA.
A livello nazionale, le sole piccole imprese manifatturiere hanno consumi energetici pari a 26 milioni di Tep, pari a tutto il gas utilizzato per riscaldare le nostre case. Convertire soltanto il 20% di quei consumi dal termoelettrico alle fonti rinnovabili consentirebbe un risparmio di gas pari a 6 miliardi di mc l’anno.
Un rinnovato impulso all’energia da fonti rinnovabili rappresenta dunque uno dei tasselli fondamentali della nuova strategia energetica.
«Gli artigiani possono offrire un contributo determinante nell’interesse generale del Paese – dice Luca Frare – e desiderano farlo. Vanno però aiutati a dare questo loro contributo. Il sistema degli incentivi pubblici è stato cucito per i grandi impianti con, per altro, effetti meno che modesti».
Un esempio? Le richieste idonee a essere incentivate negli ultimi 5 bandi sono scese dall’80% della potenza disponibile del primo al 12% dell’ultimo.
Da un recente studio di CNA con la Fondazione Sviluppo Sostenibile è emerso che solo un impresa su due ha effettuato interventi di miglioramento energetico negli ultimi 3 anni ma, di queste, solo il 49% ha puntato sulle rinnovabili mentre la maggior parte ha agito sull’efficienza energetica concentrandosi su interventi meno strutturati e più semplici. Una scelta determinata proprio dall’assenza di misure incentivanti e la conseguente necessità di effettuare l’intervento con risorse proprie, orientandosi su interventi meno costosi.
«Si tratta di un vulnus che, nelle condizioni attuali, denota una grave carenza nelle strategie adottate (o, meglio, non adottate) per sostenere lo sviluppo dell’autoproduzione diffusa. La traiettoria per ridurre la dipendenza energetica dell’Italia passa per gli artigiani e le piccole imprese» conclude Frare.
(fonte: comunicato stampa)
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