UCRAINA: Politi: “Pace lontanissima, forse si lavora sotto banco”
In Russia "circa due terzi delle persone coinvolte avrebbero detto no alla mobilitazione"
Il negoziato è impossibile se le parti non vogliono trattare. Il giudizio sullo stato della guerra fra Ucraina e Russia non potrebbe essere più semplice e allo stesso tempo più doloroso. Entrambi i Paesi stanno distruggendo il loro futuro, mandando a morte migliaia di giovani e impoverendo il resto della popolazione. Secondo Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation, “per arrivare alla pace ci vuole un incastro di elementi”, una condizione che almeno apparentemente sembra molto lontana. E sui danni al Nord Stream 2 aggiunge: “Ci vuole un’indagine forense seria. Diversi Paesi Nato hanno la capacità di compiere un sabotaggio simile, ma ce l’hanno anche gli ucraini”.
Direttore, oggi è ancora lontana la pace?
È lontanissima, forse si lavora sotto banco. Vorrei poter dire che siamo vicini a un negoziato, ma si tratta solo di un desiderio.
Il malcontento in Russia inizia però a farsi sentire.
Circa due terzi delle persone coinvolte avrebbero detto no alla mobilitazione. È un messaggio a Putin per accelerare il negoziato. Ma per fare i negoziati occorre essere in due. Le dichiarazioni di Zelensky non sembrano orientate in questo verso. La guerra scava un solco di odio profondo. Ci sono state delle atrocità da parte di entrambe le parti, come documentato dalle fosse comuni che ricordano il massacro di Katyn e dal rapporto di Amnesty International.
Bisogna attendere dopo le elezioni di Midterm per avere un intervento degli Stati Uniti?
No, è una speranza relativa. La trattativa è molto difficile. Chi è riuscita a ottenere qualche piccolo risultato è la Turchia.
Ma per arrivare alla pace ci vuole un incastro di elementi da parte di una molteplicità di attori. I due attori principali dovrebbero capire che questa guerra li sta distruggendo e che stanno rovinando il loro futuro in modo irreversibile.
Papa Francesco ha chiesto a entrambe le parti di giungere alla pace.
Il Papa ha ragione. Molti comuni cittadini russi, anche se non sentono il Papa, sono dello stesso avviso.
Alcuni commentatori dicono che le ultime dichiarazioni di Putin siano da considerare come il canto del cigno. [espressione non corretta, canto del cigno esiste prima della scoperta del cigno nero]
È pericoloso confondere quello che desideriamo con la realtà. Putin è senz’altro in difficoltà politica, ma da qui a dire sia arrivato alla sua fine.
Il riferimento all’uso di armi nucleari da parte di Putin preoccupa molto.
Non ha fatto un’aperta minaccia. Capisco l’attenzione ai passaggi ma fanno parte di un discorso più lungo che non spinge a dire che userà le armi nucleari per difendere i territori. Nessuno deve prendere sotto gamba le dichiarazioni di Putin, ma nemmeno esagerare la portata.
Putin certamente vuole prendere questi territori. Tuttavia affermare che non si può trattare perché ha fatto i referendum, indica solo possibile scelta politica, per però non è obbligata. Gli ucraini hanno il diritto a liberare il loro territorio fino all’ultimo centimetro, quando è peraltro il vero problema: non è scontato che possano riprendersi tutto e subito.
Il segretario generale della Nato Stoltenberg ha dichiarato che “Ci saranno conseguenze serie se Putin usa le armi nucleari”.
La sua risposta è molto saggia perché invita Putin a essere prudente.
Il leader ceceno Ramzan Kadirov ha esortato a prendere in considerazione l’utilizzo di armi tattiche nucleari a basso potenziale, ma il Cremlino lo ha gelato.
Quel che contano sono i silenzi di Putin e le parole di Lavrov (ministro degli Esteri russo, ndr). Kadirov è il leader di una piccola repubblica autonoma; può dire quello che vuole, ma non ha la stessa responsabilità dell’arsenale nucleare che ha invece Putin. Il governo di Mosca è molto più prudente.
È vero che l’Ucraina continua a fare progressi sul campo?
È molto difficile da valutare. Da ieri, a Sud si dice che ci siano stati dei risultati importanti. Si dice che le truppe russe siano intrappolate ad ovest del Dniepr e che non possano ritararsi per mancanza di rifornimenti. Ma tutte le informazioni sono difficili da verificare perché la propaganda viene fatta sia dai russi sia dagli ucraini.
In pochi capiscono che la verità è la miglior propaganda.
Siamo in piena Guerra fredda, si usa la minaccia nucleare per terrorizzare l’avversario?
La Guerra fredda era più felpata. Ora c’è più una corsa alla dichiarazione e questo è un gioco che può sfuggir di mano.
Riguardo al sabotaggio del Nord Stream 2, è possibile che siano stati gli Stati Uniti?
No. Avrebbero le capacità, così come molti altri Paesi, compresa l’Italia, ma è una di quelle situazioni in cui nessuno preferisce agire in prima persona.
Se fossero stati i russi sarebbe però un fatto ancora più grave, l’area è in gran parte controllata dalle forze della Nato.
È improbabile che siano stati i russi. Avrebbe avuto più senso per loro chiudere i rubinetti del gas. Non sappiamo molto sull’ordigno. Ci vuole un’indagine forense seria. Diversi Paesi Nato hanno la capacità di compiere un sabotaggio simile, ma ce l’hanno anche gli ucraini. Potrebbero essere stati anche degli operatori privati, su ispirazione o aiuto concreto di qualche Stato.
Fra le motivazioni ci potrebbe essere la speculazione sul prezzo del gas?
Non risulta proprio. Questo è un modo per bruciare i ponti e ridurre le possibilità di trattativa. Allontana di più la pace.
M. Elisabetta Gramolini - Agensir (foto: Sir)
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