VENETO: fuori dal ‘podio’ delle migliori Regioni per l'assistenza sanitaria
Per il M5S c'è una privatizzazione strisciante
“Bene, ma non benissimo. Il report del Ministero della Salute, relativo al nuovo sistema di garanzia per l’anno 2021, conferma che il Veneto è fuori dalle tre miglior Regioni o Province autonome italiane, per quanto riguarda i livelli essenziali di assistenza sanitaria”. Così la capogruppo del MoVimento 5 Stelle in a palazzo Ferro Fini, Erika Baldin (nella foto) che aggiunge: “Già all’inizio dell’anno in corso la Regione era scivolata ai piedi del podio, in merito ai dati del 2020. Ora, spostando il focus avanti di un anno, l’esito non cambia, e non può essere solo colpa del Covid-19, se altre realtà territoriali hanno reagito meglio e si sono appoggiate a una rete solidale preesistente”.
“Va ricordato, tuttavia, - prosegue la consigliera - che 14 Regioni italiane su 21, Trento e Bolzano sono due Province autonome, hanno superato brillantemente il limite minimale di adempienza, fissato a quota 60: tra esse anche il Veneto, attestato a una media di 88.3 punti, ottenuta confrontando l’area della prevenzione (in miglioramento, da 80.7 punti a 84.6), quella dell’assistenza distrettuale (peggiora da 98.4 a 95.6) e dell’assistenza ospedaliera, la quale è progredita da 79.7 a 84.8 punti. Se fino al 2019 la graduatoria effettivamente stilata dal Ministero attribuiva alle battistrada il ruolo di Regioni ‘benchmark’ alle cui buone pratiche ispirarsi, nell’incombenza della pandemia la rilevazione è stata sostituita da 22 indicatori non valutativi nelle tre macroaree, che attribuiscono tre punteggi differenti per ogni Regione”.
“Eppure queste cifre non sono asettiche, esprimono che pur essendo abbondantemente sopra la sufficienza, c’è chi in Italia sta facendo meglio di noi. Come Emilia Romagna (media 93.7) e Toscana (media 91.5), dove la destra non amministra e il modello di sanità preserva la primazia del pubblico. Prendendo ad esempio le liste d’attesa, in Emilia esse vengono smaltite ricorrendo alla professione intramuraria a carico delle ULSS, come sto cercando di ottenere anche nel Veneto attraverso un progetto di legge regionale. Da queste parti, invece, la privatizzazione del sistema sanitario è strisciante, come pure le esternalizzazioni e il ricorso al personale medico delle cooperative, pagato molto di più di chi rinuncia alla professione nel settore pubblico per via di stipendi bassi e continue minacce. Il Veneto si autoproclama eccellenza, ma anche la Provincia di Trento e la Lombardia contano sopra parametri più elevati. Sicuramente il Covid-19 – osserva la consigliera - ha influito, specie nell’assistenza ospedaliera che non è ancora tornata perfettamente a regime, ma non è l’unica concausa. Tornando alle liste d’attesa, è necessario notare come in ben undici Regioni stia diminuendo il numero di prestazioni erogate in classe B entro i tempi di priorità breve, ovvero dieci giorni. Tra gli indicatori ora figurano anche la copertura vaccinale alle bambine e ai bambini di età inferiore ai due anni, l’assistenza domiciliare integrata e il numero di giorni necessari ad ottenere l’operazione al femore per le persone anziane”.
“Non posso non segnalare -conclude Erika Baldin- che da fine febbraio stiamo attendendo il bando di concorso per la formazione dei medici di base. Secondo i dati di GIMBE, ne mancano 482 e lasciano scoperte 1.300 zone. Il bando è fondamentale, così come il fatto che le lezioni possano iniziare già il prossimo settembre. Invito la Regione del Veneto ad accelerare le procedure, anche per fugare i dubbi che una tale inazione voglia favorire il competitore privato”.
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