ASSUNZIONE DI MARIA: "Senza un atto di fiducia, nessuna relazione è possibile"
Le parole del vescovo Corrado nella solennità dell'Assunta
Prendendo spunto dall'interpretazione di un amico del brano evangelico della solennità dell'Assunzione di Maria (la visita di Maria alla cugina Elisabetta), il vescovo Corrado nella giornata di ieri ha invitato i fedeli ad apprendere da Maria l'atteggiamento della fiducia, senza del quale non è possibile vivere in modo autentico qualsiasi tipo di relazione: da quella di coppia, a quella dell'amicizia, financo alla relazione con Dio. Ecco il testo del vescovo Corrado.
Tempo fa, un amico (molto influenzato e condizionato da quel modo di pensare secondo cui il dubbio, il dubitare, deve sempre essere presente nella vita del cristiano, quasi che fede e dubbio coesistessero, mentre invece la fede è proprio il superamento del dubbio); ebbene, quel mio amico interpretava così questo brano: “Maria è andata a trovare Elisabetta per controllare se quello che l’angelo le aveva detto era vero. Ha voluto avere la prova. Provare per credere. Vedere per credere”. Un po’ come Tommaso: “Se non vedo, non credo!”.
Ha fatto proprio così Maria? No. Ha fatto esattamente l’opposto. Maria ha messo in pratica un’altra legge: non “provare per credere”, non “vedere per credere”, ma “credere per provare”, “credere per vedere”. Tant’è vero che la cugina Elisabetta esce con quella frase bellissima che è, per così dire, la fotografia di Maria: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.
Maria ha creduto, senza dubitare, che le parole che il Signore le aveva rivolte attraverso l’angelo si sarebbero adempiute. Per questo si è messa in viaggio. E per questo – per aver creduto – ha potuto realmente sperimentare e vedere il miracolo che il Signore aveva compiuto in Elisabetta sua cugina.
Purtroppo, oggi questo modo di pensare (provare per credere; vedere per credere) è molto diffuso, perché risponde a un modello che va per le maggiori, cioè quello scientifico. Un’affermazione, un’ipotesi per essere ritenuta vera, per diventare tesi, deve essere provata, deve essere “vista” attraverso ripetute sperimentazioni di laboratorio.
E questo (che per tanti aspetti è valido nel processo scientifico) viene applicato anche nell’ambito delle relazioni umane e della relazione con il Signore. Anche nelle relazioni umane, anche nelle relazioni con il Signore si pensa di poter sottoporre la verità di queste relazioni all’esperimento (...) Provare per credere, provare per fidarci. Ma, in questo modo, non si tratta di un vero “fidarsi”: sarà sempre un fidarsi “con riserva”, in altre parole un “non fidarsi”, ma un restare nel dubbio!
Al di là del mondo delle relazioni, è tutta la nostra società che è basata su questo principio: io, per fidarmi, devo fare un esperimento o più esperimenti e poi traggo le mie conclusioni.
Ebbene, se c’è una cosa sicura, al di là di ogni dubbio, è che nessuna relazione umana, nessuna decisione esistenziale, nessuna scelta valoriale resiste a questo metodo che fa della sperimentazione il criterio di verità…
Se non c’è un atto originario e fondamentale di fiducia, qualunque difficoltà, qualunque incidente di percorso, qualunque prova (che inevitabilmente accadrà), ti porterà a dire: “Vedi che avevo ragione a non fidarmi del tutto: Non siamo fatti l’un per l’altro”. Oppure se si tratta di una vocazione alla consacrazione, ti porterà a dire: “Vedi che avevo ragione a mantenere qualche dubbio: non è la mia vocazione!”; oppure se si tratta di un valore, ti porterà a dire: Non è valido per tutti! oppure se si tratta della relazione con il Signore: “Non ne vale la pena”.
Solo se tu ti fidi, potrai vedere; solo se tu dai fiducia (e continui a farlo anche quando, questa fiducia, sarai tentato di ritirarla), solo così potrai sperimentare il compimento di ciò che hai scelto. Senza questo atto di fiducia, inevitabilmente ti rimangerai la scelta fatta… Inevitabilmente l’avrà vinta il dubbio che sempre avevi conservato in fondo al cuore e ti aveva impedito di fidarti per davvero.
Maria ha dato credito al Signore e alla sua parola. O, per usare un’espressione che abbiamo sentito domenica scorsa riferita a Sara, moglie di Abramo, "ritenne degno di fede colui che le aveva fatto la promessa".
Il cantico dei Magnificat esprime questa fede radicale di Maria, che ha saputo fidarsi del Signore e affidarsi a lui anche nei momenti più difficili della sua esperienza… Pensiamo all’esperienza della croce che è stata una prova tremenda per Maria, la quale ha tuttavia continuato a credere.
Proprio per questo ha potuto vedere la risurrezione del suo Figlio. Proprio per questo, anche per lei, la morte non è stata la fine di tutto, ma - per prima - ha sperimentato la vittoria della vita sulla morte e l’assunzione al cielo del suo corpo… quel corpo che – grazie al suo atto di fede - aveva dato la carne al Figlio eterno di Dio fatto uomo.
Chiediamo a Maria di aiutarci ad avere almeno un po’ della sua fede, della sua capacità di “credere nell’adempimento di ciò che il Signore ci ha detto”.
Se anche noi avremo un po’ di questa fede, potremo cantare con gioia e riconoscenza – assieme a Maria – il nostro Magnificat: canto di fede, di speranza e di amore. Canto di vita che vince la morte.
+ Corrado, vescovo
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