DIOCESI: il Festival Biblico per capire meglio la realtà di oggi
A Vittorio Veneto dal 20 al 22 maggio
Uno spiraglio di luce in un tempo segnato da sordi echi di guerra, da una pandemia che ci ha cambiati nel profondo, da un’emergenza climatica sempre più drammatica (basti pensare all’attuale crisi idrica nel nostro territorio...). Questo vuol essere il Festival biblico che si tiene dal 20 al 22 maggio a Vittorio Veneto. A fare da filo conduttore alla tre-giorni vittoriese il libro con cui si chiude la Bibbia, l’Apocalisse che, diversamente da quanto diffusamente si crede, non è un testo catastrofico bensì un libro che offre delle chiavi interpretative per decifrare il presente in chiave di speranza e di fiducia sulla possibilità di ripartire insieme, e solo insieme.
È Elena Casagrande (nella foto), tra gli organizzatori dell’evento con l’associazione “La chiave di Sophia” di cui fa parte, a spiegarci il senso della scelta del tema di questa edizione del Festival, la seconda che coinvolge anche la nostra diocesi: «L’Apocalisse sollecita l’uomo a riprendere in mano la propria vita e la propria storia per dar vita a una nuova rinascita, ed è proprio di questo che abbiamo bisogno in questo periodo storico. La vita dell’uomo trova il suo compimento nella Gerusalemme celeste ma già qui dobbiamo impegnarci a creare la Gerusalemme terrestre. E per fare questo serve davvero un cambio di paradigma».
In questo come ci aiuta il testo dell’Apocalisse?
«Fornendoci gli strumenti per un adeguato approccio alla realtà. L’Apocalisse parla del senso del mistero, del senso della storia, della lotta del bene col male...».
Il programma degli eventi – 12 in tre soli giorni – è molto denso. Perché questa scelta?
«Abbiamo voluto costruire un’offerta in grado di interessare vari tipi di pubblico. In particolare si è voluto puntare sulle arti sceniche – musica, teatro, performance artistiche – poiché esprimono plasticamente il messaggio dell’Apocalisse. Il cartellone che abbiamo costruito fa dell’evento vittoriese un vero e proprio festival culturale».
Come avete scelto gli appuntamenti?
«Cercando eventi di qualità e, per quanto possibile, valorizzando il territorio con il coinvolgimento di artisti, personalità del mondo culturale, associazioni, realtà culturali della nostra zona».
Quindi un lavoro di rete, come articolato è il gruppo di promotori.
«I promotori sono aumentati rispetto allo scorso anno, si sono unite nuove aziende e associazioni, e si è consolidata la rete pubblico-privato. Il Festival è davvero un’esperienza collaborativa».
A quali interlocutori vi rivolgete?
«Lo scorso anno il pubblico è stato eterogeneo, con punte di duecento partecipanti agli spettacoli, in prevalenza femminile. Molte persone – in genere avvezze a iniziative culturali – vengono da fuori. Quest’anno puntiamo su di un maggiore coinvolgimento di quanti operano nelle parrocchie della diocesi: partecipare al Festival non è solo un arricchimento culturale ma offre chiavi di lettura per la vita quotidiana».
Qualche esempio?
«Luigi Gui, sociologo, e padre Felice Autieri, francescano, ci aiuteranno a rileggere i quattro shock globali del terzo millennio e ci offriranno spunti per ricostruire il senso vitale delle comunità. E don Costantino Rubini, teologo, e Piero Benvenuti, noto astrofisico, dialogheranno sul futuro del mondo e dell’umanità».
Una novità di questa edizione sono le meditazioni nella natura.
«Si tratta di due appuntamenti: il primo sabato 21 maggio alle 18.30 con partenza dalla piazza della Cattedrale e arrivo alla chiesa di San Paolo, in compagnia di don Davide Fiocco che proporrà riflessioni sulla mitezza di papa Luciani e con intermezzi musicali di Sabina Bakodina. Il secondo domenica 22 maggio alle 6.30 da piazza Flaminio al santuario di Sant’Augusta, con il biblista Ludwig Monti e l’arpista Giada Dal Cin».
Federico Citron
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