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Dai Vescovi Triveneto le "Linee per la pastorale battesimale per le Chiese del Nordest" - Integrale

Generare alla vita di fede, una “scommessa sulla bellezza della testimonianza cristiana”.

Dai Vescovi Triveneto le "Linee per la pastorale battesimale per le Chiese del Nordest" - Integrale

La “Due giorni” di studio dei Vescovi del Triveneto, tenuta a Cavallino (Venezia) il 7/8 gennaio 2014, con la partecipazione dei responsabili diocesani per la catechesi e per la famiglia, ha impegnato i partecipanti a riflettere sul tema: «Generare alla vita di fede: genitori e sacramento del Battesimo».

La riflessione della “Due Giorni”, prendendo atto con realismo dei mutamenti socio-religiosi avvenuti in questi anni, ha permesso di conoscere alcune esperienze per l’animazione della pastorale pre e post-battesimale attualmente presenti nel nostro Triveneto. E’ sorta, di qui, anche l’esigenza di individuare alcune linee pastorali condivise, per evangelizzare i genitori che chiedono il battesimo dei figli e per aiutarli a dare ai bimbi battezzati un’educazione cristiana.

I punti che vengono qui presentati intendono raccogliere i principali aspetti della riflessione emersa e, insieme, anche alcune linee indicative che i Vescovi propongono alle Chiese del Triveneto. Va, in ogni caso, mantenuta la consapevolezza che la complessità della realtà attuale impone un inevitabile – e spesso laborioso – impegno di discernimento sulle varie situazioni che si presentano ad un pastore.

 

1. Il contesto in cui viviamo

Siamo chiamati, come Chiesa, a vivere la nostra fede in un tempo di grandi trasformazioni. Nessuno di noi si nasconde le grandi sfide da cui è provocata la vita cristiana che soffre, oggi, di una grave perdita di significato e molto spesso è ridotta ad un fatto privato.

Ma, come già è avvenuto in altre epoche della storia cristiana, è possibile rispondere a queste sfide soltanto mediante un rinnovato slancio missionario che si concretizza, per l’evangelizzazione, nell’impegno di un rinnovato primo annuncio.

Si tratta di una prospettiva che appare feconda:

  • anzitutto per i bambini, perché non resti “congelato” il loro battesimo;
  • in secondo luogo per i genitori, che possono riscoprire la loro fede o incontrare per la prima volta Gesù;
  • infine per l’intera comunità cristiana, che è spinta a mettersi in atteggiamento missionario e riscoprire essa stessa il vangelo e la fecondità a cui è chiamata.

 

2. Gli atteggiamenti dei genitori dei battezzandi

I genitori che si avvicinano alle nostre parrocchie per chiedere il battesimo del loro bambino sono persone che vivono un momento straordinario e bellissimo della loro vita. Proprio l’esperienza di aver generato una nuova creatura li porta a intuire anzitutto – magari in modo soltanto molto implicito e tuttavia reale – che la vita è un dono bello e promettente e, in secondo luogo, che è un dono che trova il suo senso solo se viene donato.

Sono intuizioni che portano in sé un’oggettiva possibilità di rinviare al Vangelo di Gesù e possono quindi rimettere positivamente in gioco le domande di fede e di vita dei genitori.

Come ben sappiamo, le situazioni di fede e di vita cristiana in cui i genitori si trovano sono, realisticamente, le più diverse, e domandano – di conseguenza – un modo di annuncio il più possibilmente adeguato a ciò che stanno vivendo.

Quando i genitori chiedono il battesimo per i figli, noi ricordiamo loro che questa richiesta li impegna a “educare i figli nella fede” e a insegnare ad “amare Dio e il prossimo”. Ma quanti genitori sono in grado di svolgere questo impegno educativo cristiano?

Evidentemente questa domanda costituisce una sfida che non può lasciare indifferenti o rassegnati né i pastori né le comunità cristiane, ma li spinge a trovare le strade per aiutare i genitori a riscoprire e ad attuare, nel modo migliore possibile, questo compito educativo.

Va anche aggiunta un’altra questione che interpella seriamente, oggi, l’impegno missionario delle nostre parrocchie: si tratta del fatto che va crescendo il numero dei genitori che non chiedono più il battesimo per i figli.

 

3. La necessità del Battesimo e la pastorale battesimale

Per impostare correttamente la pastorale battesimale, è necessario anzitutto fare chiarezza sulla necessità del Battesimo. Spesso è proprio questa chiarezza che fa difetto in tante persone, anche battezzate.

Perché battezziamo i bambini? Per una nostra iniziativa o per rispondere alla chiamata di Dio? La prima ragione per cui il Battesimo è necessario, e con esso il cammino che lo prepara e lo segue, è che Dio stesso ha preso l’iniziativa di venirci incontro, di spalancarci le braccia del suo amore, di farsi conoscere e di chiamarci alla comunione con sé nella Chiesa, strappandoci da quella situazione di non-conformità a Cristo suo Figlio che è il peccato originale.

«Il santo Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d'ingresso alla vita nello Spirito (“vitae spiritualis ianua”), e la porta che apre l'accesso agli altri sacramenti. Mediante il Battesimo siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio, diventiamo membra di Cristo; siamo incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1213).

Dio stesso desidera la nostra risposta. Cristo desidera incontrarci e stabilire con noi un legame forte, profondo, eterno: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta e apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Questo legame con Dio inizia con il Battesimo, si rafforza con la Confermazione, si nutre con la Parola di Dio e l’Eucaristia e si alimenta con la preghiera.

E’ questa la preoccupazione che deve guidarci nella pastorale pre-battesimale o post-battesimale o, meglio, nell’intero percorso dell’iniziazione cristiana: aiutare i genitori ad accorgersi che il Signore “sta alla porta e bussa”, rendere possibile la riscoperta di Gesù Cristo:

  • del suo Mistero Pasquale che ha vinto la morte e trasforma la nostra vita;
  • del mistero della sua vita offerta per amore,
  • della sua misericordia che libera dal peccato originale e ci salva dal male.

Noi promuoviamo l’incontro con il Signore Gesù se aiutiamo i genitori a scoprire che l’unica“vita buona”è la sua, che l’unica possibilità che abbiamo di vivere una vita pienamente buona e veramente umana è quella di essere partecipi della vita di Gesù.

La sfida che siamo chiamati ad affrontare seriamente, per non rendere vano il dono di Dio e per non rendere infruttuosa la sua grazia, è dunque quella di aiutare i genitori a scoprire l’assoluta necessità dell’amore che il Padre ci offre in Gesù, di favorire l’accoglienza di questo amore ed educare la loro risposta di fede.

 

4. L’impegno delle comunità cristiane

Quando il sacerdote accoglie alla porta della chiesa i bimbi che saranno battezzati, dice ai genitori: “La nostra comunità è lieta di accogliervi”.

Sono parole che, per non essere vuote, esigono che le nostre comunità cristiane si mobilitino per accompagnare le famiglie prima e dopo il battesimo dei figli.

L’incontro attraente con il Signore Gesù avviene quando la sua presenza si fa percepibile nella testimonianza di amore, di preghiera e di gioia della Chiesa. L’iniziazione cristiana è precisamente una scommessa sulla bellezza della testimonianza cristiana.

Prima di interrogarci, allora, sulla reale convinzione con la quale i genitori chiedono il Battesimo per i loro piccoli e li portano al catechismo in parrocchia, le comunità cristiane sono chiamate a interrogarsi sulla loro fedeltà alla parola di Dio e a verificare se in esse è possibile cogliere la “vita nuova” dei cristiani e restarne affascinati, nonostante i limiti e le povertà di ognuno. L’incontro personale con Cristo, che vogliamo favorire e al quale punta tutta l’iniziazione cristiana, non è un incontro individuale, ma è un incontro che si realizza grazie alla mediazione delle comunità dei credenti. È la comunione di vita con altri cristiani che fa nascere alla vita di fede nuovi cristiani e li aiuta a sviluppare il bene generato in loro da quella fede.

Se vogliamo dunque che non venga meno la domanda del battesimo dei figli e che il battesimo non resti - per così dire - “congelato”, è necessario che le nostre comunità facciano risplendere anche davanti ai genitori dei bimbi la “luce” della vita cristiana, mediante opere concrete, opere cioè dell’amore. E le opere dell’amore da compiere sono in questo caso: visita ai genitori, ascolto, attenzione al loro vissuto, simpatia, condivisione, solidarietà, con tutto ciò che questi atteggiamenti comportano.

 

5. Lo svolgimento del cammino di fede nella prospettiva di un rinnovato primo annuncio

Con quale attenzione svolgiamo la pastorale pre e post-battesimale? Possiamo presupporre la fede dei genitori?

La fede va proposta, non presupposta, anche quando i genitori vengono di loro iniziativa a domandare il Battesimo per un figlio. Perciò occorre ripensare, nella prospettiva di un rinnovato primo annuncio, ciò che offriamo alle mamme e ai papà, quando li accompagniamo al Battesimo dei loro piccoli e nella prima educazione cristiana dei figli[1].

Non sempre le nostre comunità cristiane investono le loro energie in quest’opera di annuncio, di accoglienza e di accompagnamento. Mentre molti catechisti, preparati e generosi, affiancano i fanciulli, i ragazzi e i giovani nel loro itinerario di fede, dall’età scolare in avanti, l’attenzione pastorale alle coppie giovani, a quanti hanno appena avuto un figlio e a chi ha bambini piccoli spesso è limitata.

Molte volte i genitori, dopo la bella festa del Battesimo di un figlio, restano un po’ soli nel loro percorso personale e nella loro fatica di educatori. Spesso anche i sacerdoti restano soli nel rendere presente la premurosa vicinanza della Chiesa a quei genitori. Non è più scontato nemmeno che i nonni e l’ambiente della famiglia e del paese abbiano segni, ritmi e occasioni per introdurre alla vita cristiana.

Per superare questi rischi, appare sempre più necessario prevedere – per il Battesimo dei bambini – un serio percorso di preparazione e un cammino successivo.

In questo senso appare opportuno che in tutte le nostre Diocesi si seguano le seguenti linee pastorali:

a) La preparazione dei genitori (e dei padrini) venga svolta offrendo loro un vero e proprio percorso[2] nel quale essi possano incontrare non soltanto il parroco, ma anche altre persone, in particolare altre coppie di sposi. E’ importante che queste persone abbiano la capacità di rappresentare, nei confronti dei genitori, il volto accogliente e propositivo della comunità parrocchiale. Sarà necessario quindi che nelle parrocchie, nelle comunità, nelle unità e nelle collaborazioni pastorali vengano costituite e adeguatamente preparate delle équipe di catechisti che affianchino regolarmente il parroco nell’accompagnare i genitori al Battesimo dei loro figli.

b) Il tempo successivo al Battesimo non sia un tempo “vuoto” di attenzioni pastorali da parte della comunità parrocchiale ma, attraverso proposte formative adeguate alla loro situazione (es. celebrazioni, momenti di festa, proposte pedagogiche…), i genitori siano sostenuti nell’approfondimento della propria fede e accompagnati nella loro missione educativa. Se la pastorale pre-battesimale è stata efficace, sarà naturale che questo cammino post-battesimale abbia come riferimento proprio quelle persone – cioè i catechisti – con le quali era nata, prima del Battesimo, una relazione di conoscenza e di amicizia cristiana.

c) In particolare nella fase evolutiva della seconda infanzia, che spesso coincide con la frequenza alla scuola dell’infanzia, andrà valorizzato, sia per i bambini che per i genitori, il prezioso apporto delle tante scuole dell’infanzia parrocchiali.

Soprattutto in questa età il Catechismo dei bambini, Lasciate che i bambini vengano a me, offre contenuti e suggerimenti concreti nei quali i genitori potranno trovare un valido sostegno alla loro missione educativa e un aiuto al loro cammino di fede. Il Catechismo, consegnato ai genitori possibilmente in una celebrazione comunitaria, potrà essere apprezzato e utilizzato in famiglia se adeguatamente spiegato e valorizzato negli incontri formativi dei genitori.

6. L’accoglienza dei piccoli nella comunità

La comunità cristiana si fa, inoltre, catechista dei suoi figli anzitutto mediante la liturgia ben celebrata, specialmente mediante l’Eucaristia domenicale. Ma si fa catechista anche quando circonda i bambini e i ragazzi con un clima positivo, con un’accoglienza e un’attenzione particolare, in modo tale che chi è in formazione possa vivere delle relazioni di affidamento agli adulti credenti della sua parrocchia. L’inserimento in una compagnia di altri credenti affidabili è, in ultima analisi, la regola pratica dell’educazione della fede.

La fede stessa, poi, non è conoscenza astratta, ma è comunione con Dio; la fede immerge nel mistero d’amore della Trinità, così da aprire i credenti alla fraternità e alla carità. Se manca la carità e la fraternità, non è possibile vivere un’autentica esperienza di fede cristiana. Le divisioni, l’indifferenza e l’individualismo sono il rovescio della “vita nuova” in Cristo, alla quale vogliamo iniziare i battezzati.

Quale accoglienza hanno i bambini piccoli nelle nostre comunità? Quale posto occupano nella vita delle nostre comunità?

 

7. Due delicate questioni inerenti alla pastorale battesimale

a) Una prima questione su cui occorre dire una parola di chiarificazione riguarda i criteri di ammissibilità al Battesimo: la richiesta di battezzare va accolta sempre e comunque?

     Secondo il CJC il battesimo può essere differito solo in casi eccezionali: quando “manca del tutto la fondata speranza che il figlio sarà educato nella religione cattolica[3].

Nel valutare la domanda di battesimo dei genitori occorre quindi molta saggezza, paziente dialogo, motivazioni convincenti, ma anche comprensione, amabilità e misericordia. Papa Francesco così si esprime nella Evangelii gaudium: «Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo vale soprattutto quando si tratta di quel sacramento che è “la porta”, il Battesimo» (EG 47).

E il recente documento della CEI “Incontriamo Gesù” afferma: «Quando il contesto riguarda genitori separati o divorziati, coppie in situazione canonica irregolare, quando uno o entrambi i genitori sono lontani dalla pratica ecclesiale, sarà cura della comunità cristiana accogliere la domanda del sacramento accostando con delicatezza queste situazioni, proponendo un cammino di preparazione anche attraverso il dialogo con famiglie cristiane che possano accompagnare la riscoperta della fede” (n. 59).

b) La seconda questione concerne i padrini. Essi – intesi alla luce della tradizione – costituiscono l’espressione della cura materna della Chiesa e rivestono un duplice compito: da una parte collaborare con i genitori nella formazione religiosa del figlio, dall’altra avere una relazione costruttiva con il “figlioccio” attraverso l’esempio, il consiglio, l’incoraggiamento, la preghiera. Occorrerà quindi curare per tempo la loro scelta e la loro preparazione. Riferendosi ai padrini, così afferma il documento CEI “Incontriamo Gesù”: «Lungi dallo svilirli a livello pratico, si tratta di prepararne la scelta, la qualificazione e la valorizzazione” (70).

Dal momento, tuttavia, che molte volte si ha a che fare con persone che – pur desiderando svolgere il ruolo di padrini – mancano dei requisiti canonici richiesti[4], la Conferenza Episcopale Triveneta – come previsto dal documento CEI citato al n. 70 – valuta positivamente e ritiene che possa essere adottata «l’opportunità pastorale di affiancare – solo come testimoni del rito sacramentale – quelle persone indicate dalla famiglia che, pur non avendo i requisiti prescritti, esprimono pur sempre una positiva vicinanza parentale, affettiva ed educativa».

In questo senso è opportuno richiamare che la CEI ha anche indicato – come già sostanzialmente affermava la CET nel 2002 – che “per quanto riguarda in particolare la Confermazione, tale funzione [di padrino/madrina] può essere assunta opportunamente da un catechista o da un educatore” e quindi anche “la possibilità per le famiglie di scegliere tra operatori pastorali o altre figure significative dei gruppi famigliari che operano in parrocchia e conoscono i ragazzi”.

In ogni caso, affinché la questione dei padrini non diventi l’elemento essenziale della celebrazione, va ricordato che il CJC indica che a chi riceve il Battesimo e la Confermazione il padrino venga dato “in quanto possibile” (cann. 872 e 892).

Conclusione

Gli Uffici diocesani per la catechesi e gli Uffici diocesani per la pastorale della famiglia, cooperando in comunione, predispongano strumenti e materiali per la pastorale battesimale e per la pastorale delle prime età, formino catechisti dedicati alla catechesi dei genitori, propongano ai parroci di aprirsi a una rinnovata prassi battesimale e post-battesimale.

A Maria Santissima, Madre della Chiesa, affidiamo i bambini delle nostre comunità, i loro genitori, i nonni, i padrini, le madrine, i sacerdoti, i catechisti. Possa Lei stessa custodire la fede che il Battesimo dona ai piccoli e che lo Spirito di Dio può riaccendere nel cuore degli adulti.

Zelarino (Venezia), 31 gennaio 2015, memoria liturgica di S. Giovanni Bosco

[1] E’ utile riportare quanto affermava, nel 2004, la Nota Pastorale della CEI “Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia”: «Cristiani non si nasce, si diventa», ha scritto Tertulliano. È un’affermazione particolarmente attuale, perché oggi siamo in mezzo a pervasivi processi di scristianizzazione, che generano indifferenza e agnosticismo. I consueti percorsi di trasmissione della fede risultano in non pochi casi impraticabili. Non si può più dare per scontato che si sappia chi è Gesù Cristo, che si conosca il Vangelo, che si abbia una qualche esperienza di Chiesa. Vale per fanciulli, ragazzi, giovani e adulti; vale per la nostra gente e, ovviamente, per tanti immigrati, provenienti da altre culture e religioni. C’è bisogno di un rinnovato primo annuncio della fede. È compito della Chiesa in quanto tale, e ricade su ogni cristiano, discepolo e quindi testimone di Cristo; tocca in modo particolare le parrocchie. Di primo annuncio vanno innervate tutte le azioni pastorali».

[2] Come è già stato messo in atto in alcune Diocesi.

[3] Codice di Diritto Canonico, can. 868 § 2.

[4] Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 874.

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