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Don Igino Facchinello, una vita fatta dono

Pubblichiamo uno stralcio del nuovo libro biografico sul sacerdote scomparso sei anni fa

Don Igino Facchinello, una vita fatta dono

Esce in questi giorni in libreria il libro “Don Igino Facchinello, una vita fatta dono” scritto da Elena Pilato e voluto dall'Associazione Volontari di Solidarietà che porta avanti l'impegno a favore delle popolazioni del Terzo Mondo avviato da don Igino. Proponiamo uno stralcio del libro tratto dal secondo capitolo, “Novello sacerdote”, dal secondo paragrafo “Sulla soglia di una chiamata” (pagg 26/27).

Stralcio tratto dal secondo capitolo, “Novello sacerdote”, dal secondo paragrafo “Sulla soglia di una chiamata” pagg 26/27

La sorgente di grazia e di luce, che avrebbe di lì innanzi rischiarato la strada d’Igino, sgorgava nel suo animo attraverso la mitezza di un semplice uomo di campagna, il “Bacchion”. Analfabeta, egli conosceva l’alfabeto della tenerezza, in grado di muovere il cuore dell’irrequieto fanciullo verso la sua prima conversione al bene. Questa misericordia affettiva, questa presenza solidale nella vita dell’irrequieto Gaio di un tempo ci riportano alla mente atmosfere e vicende ricorrenti nei romanzi del celebre scrittore russo Fedor Dostoevskij, il quale indicava proprio nella tenerezza, così cara anche a papa Francesco, “la forza umile dell’amore”. Accanto alla mitezza degli umili di cuore Igino veniva catturato, mano a mano, dallo spirito di servizio, di cui a ogni latitudine, in tutti i continenti, spesso nelle condizioni più avverse, i missionari si facevano coraggiosi e tenaci ambasciatori, sorretti dalla volontà di diffusione del “verbum Dei”, “verbum amoris” anche negli angoli più bui, tra i più poveri e reietti, personificazione ed emblema di Gesù stesso in terra. Animato dal fervore dell’esempio, Igino si apprestava a percorrere tutti i gradi educativi e formativi richiesti, nel periodo biennale, post-elementare, dal 1923 al 1925 (corrispondente alle scuole medie di oggi e all’inizio del cosiddetto seminario minore ndr), per suggellare, formalmente, il suo desiderio di vita consacrata. Non senza sollevare alcune riserve in famiglia, ma avvalendosi, com’era d’uso in quell’epoca, degli insegnamenti di don Giuseppe Fogale, a Villanova d’Istrana, quale pedagogo e precettore ufficiale. “Quando manifestai l’intenzione di partire come studente missionario, il fratello Marco era già avviato per il seminario e studiava con il parroco di Sala d’Istrana. La mamma non oppose difficoltà, ma il papà sì. Il parroco don Giuseppe si offrì di fare scuola di ginnasio a me e ad Arduino Asolan. Erano due anni dopo la 5° elementare. Cominciammo a studiare nella camera mortuaria, la stanza vicino alla sacrestia, dove c’era il catafalco e i candelieri grandi per il funerale”.

Don Igino Facchinello, una vita fatta dono
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