Il vescovo di Frosinone: piena adesione alla lettera dei vescovi di Vittorio Veneto e Treviso
Il vescovo Ambrogio Spreafico esprime, al Servizio di informazione religiosa (Sir), la piena adesione ai contenuti della lettera dei vescovi di Treviso e di Vittorio Veneto, Gianfranco Agostino Gardin e Corrado Pizziolo. Racconta l'impegno della diocesi per offrire un tetto a chi fugge dalle violenze.
“In queste ultime settimane, si sono sprecate sull’emergenza profughi anche parole senza senso. Spesso si sente parlare di un dramma che non si conosce; oggi il vero problema è la disinformazione”, mentre occorre recuperare “la capacità di pensare”. Non usa mezzi termini monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, esprimendo la piena adesione ai contenuti della lettera dei vescovi di Treviso e di Vittorio Veneto, Gianfranco Agostino Gardin e Corrado Pizziolo.
Il testo, rivolto ai “cristiani” e agli “uomini e donne di buona volontà”, diffuso nei giorni scorsi e seguito da un acceso dibattito, dice “no” all’indifferenza verso i migranti e invita all’accoglienza. Guardarsi negli occhi. “Un paio di settimane fa - racconta mons. Spreafico - abbiamo organizzato con la Caritas di Frosinone una serata in una parrocchia cittadina, durante la quale abbiamo dato voce a cinque giovani profughi accolti in diocesi: tra questi una ragazza cristiana incinta fuggita dalla Nigeria perché minacciata a causa della sua religione, e un diciottenne ghanese. Testimonianze brevi, ma toccanti, di sofferenze, sfruttamento, violenze che i più non conoscono. È stato importante ascoltarle e potersi guardare negli occhi per capire che dietro i numeri che spaventano ci sono donne, uomini, bambini”.
Essere informati, incalza il presule, “significa anche conoscerli questi numeri per percepire esattamente la consistenza del fenomeno. I dati diffusi dal ministero dell’Interno dicono che, da gennaio a luglio 2015, gli arrivi nel nostro Paese sono stati 82.300 contro gli 83.200 del 2014, nello stesso periodo; di queste persone i richiedenti asilo sono solo 34mila, per gli altri l’Italia è solo tappa intermedia di un viaggio verso altre destinazioni. Come si fa, dunque, a parlare d’invasione in corso?”.
Per mons. Spreafico è urgente dire stop all’ignoranza e alle strumentalizzazioni “che alimentano la paura a fini politici ed elettorali”, e occorre “sfatare il mito diffuso dai seminatori di panico secondo il quale la Chiesa aiuterebbe gli immigrati e non gli italiani. La nostra Chiesa è in prima linea nella vicinanza e nel servizio a tutti gli ultimi, senza distinzioni di nazionalità”. Anzi, precisa che da quando è iniziata la crisi, a rivolgersi alle mense e ai centri d’ascolto diocesani sono soprattutto italiani impoveriti. Aiutare chi è nel bisogno “è un dovere umano, e per noi cristiani lo è in misura doppia in ragione del Vangelo. Faccio fatica a capire come alcuni ‘buoni cattolici’ possano aggregarsi a certe forme di protesta e ribellione, mi sembra davvero paradossale”. Solo il nostro dovere. Da tre anni, spiega, la “nostra diocesi” ospita profughi, soprattutto subsahariani, circa un centinaio l’anno. Oggi sono una novantina - uomini, donne e bambini - accolti in sei strutture a Ferentino, Supino, Ceccano, Veroli, Frosinone, in accordo con i Comuni attraverso i quali passa il contributo mensile del ministero.
Che cosa offrite? “Ospitalità in piccoli gruppi per favorire per quanto possibile l’integrazione con il territorio, insieme a pasti, indumenti e corsi di italiano. Evitiamo le grandi concentrazioni, anche se l’accoglienza ‘diffusa’ risulta più onerosa in termini di costi di gestione, perché l’inclusione e l’integrazione nella comunità ospitante sono possibili solo nella relazione, in una sorta di quotidianità quasi ‘familiare’”.
Tra le maggiori difficoltà, il fatto che “a volte le richieste della prefettura arrivino all’improvviso, in modo non programmato, e occorra provvedere da un giorno all’altro”. Qualche tempo fa, l’arrivo imprevisto a Ceccano di una trentina di profughi dall’Africa subsahariana ha provocato malumore e proteste nella popolazione. “Sono andato a trovarli - racconta mons. Spreafico -, ho parlato con il sindaco e con la gente e ho spiegato loro che noi siamo Chiesa e facciamo solo il nostro dovere. Come si fa ad esprimere consenso a Papa Francesco solo quando ci pare, e a prenderne le distanze quando ci disturba? Non possiamo essere una Chiesa schizofrenica”.
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