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Intervista esclusiva al vescovo Marcuzzo sulla visita di Papa Francesco in Terra Santa

Nell'ambito della visita in Medio Oriente il Santo Padre ha visitato il Patriarcato di Gerusalemme.

Intervista esclusiva al vescovo Marcuzzo sulla visita di Papa Francesco in Terra Santa

È un pellegrinaggio che in Medio Oriente ha fatto parlare di sé e farà parlare a lungo, quello compiuto da papa Francesco dal 24 al 26 maggio per ricordare i 50 anni dell’incontro a Gerusalemme tra papa Paolo VI e il patriarca Atenagora. Come racconta il vescovo di Nazareth Giacinto Boulos Marcuzzo, nativo di San Polo di Piave e da lunghi anni in Terra Santa, i giornali israeliani avanzano alcune riserve sul viaggio di Francesco. La preghiera silenziosa, fuori programma, sul “muro della vergogna” fatto erigere dallo stato israeliano per dividere ebrei da palestinesi e il ripetuto richiamo alla necessità della costituzione di uno “stato” di Palestina, hanno creato qualche malumore tra gli israeliani mentre sono stati accolti con gioia dai palestinesi.

Nel contempo, però, la riflessione più intensa e commossa papa Francesco l’ha offerta al memoriale dello Yad Vashem, eretto a ricordo dell’Olocausto. Mons. Marcuzzo confessa di aver provato un’emozione difficilmente descrivibile quando Francesco si è chiesto: «Chi sei, uomo? Chi sei diventato? Di quale orrore sei stato capace?».Più volte è ritornato l’appello alla pacificazione. Francesco ha anche messo a disposizione la “sua casa” per un incontro di preghiera dei leader ebrei e palestinesi: «È stato un invito partito dal suo intimo – spiega Marcuzzo – che ha toccato il cuore degli esponenti politici che hanno subito accolto la proposta. Il Papa vuole smuovere le acque e fa tutto ciò che è possibile per vincere il fatalismo». Innanzitutto ricorrendo alla preghiera, una preghiera forte, che lotta per arrivare al miracolo. Come avvenuto quando spiravano forti venti di guerra contro la Siria. Venti che si placarono dopo la grande veglia di preghiera in piazza San Pietro.

La dimensione pastorale

Il pellegrinaggio ha avuto sicuramente dei risvolti politici, ma è stato, prima di tutto, un evento pastorale. Nella terra di Gesù, Francesco ha fatto fare un altro passo avanti al confronto tra cattolici e ortodossi. A 50 anni dall’incontro, negli stessi luoghi, tra Paolo VI e Atenagora, i successori degli apostoli fratelli Pietro e Andrea hanno pregato insieme nella chiesa del Santo Sepolcro: «Preparare la preghiera ecumenica è stato molto complicato – spiega Marcuzzo –. Su alcuni aspetti abbiamo lasciato che fossero Francesco e Bartolomeo a decidere, sul momento. Grazie alla loro grande sintonia tutto si è svolto senza problemi, con naturalezza. Mi ha colpito lo scambio delle candele sopra la tomba di Gesù e sul Calvario: come a dire, andiamo insieme a prendere la luce da Gesù. E poi Francesco, inaspettatamente, ha baciato l’anello di Bartolomeo».Un momento molto intimo è stata la celebrazione al Cenacolo con i vescovi cattolici di Terra Santa e alcuni patriarchi orientali cattolici. «Con la messa al Cenacolo si è concluso il pellegrinaggio – sottolinea Marcuzzo –. Finalmente abbiamo visto il Papa rilassato. La stanchezza, che lo ha accompagnato nei tre giorni intensi del viaggio, è scomparsa nel luogo dove “è nata la Chiesa, ed è nata in uscita”». L’omelia è stata incentrata sulla missione della Chiesa che «da qui è partita, con il Pane spezzato tra le mani, le piaghe di Gesù negli occhi, e lo Spirito d’amore nel cuore».

L’incontro con le persone

Ma c’è un’altra dimensione di questo pellegrinaggio che ha colpito Marcuzzo: l’attenzione del Papa per le persone. «Mentre a tavola stava parlando con cinque famiglie che vivono, per varie ragioni, in situazioni difficili, Francesco è stato invitato dal suo seguito a congedare gli ospiti per prendersi mezz’ora di riposo. Ma il Papa non ha voluto saperne, perché quelle famiglie sono in difficoltà e avevano bisogno di essere accolte e incoraggiate. Anche nel luogo del battesimo di Gesù il Papa non ha avuto remore a “perdere tempo” con bambini, disabili e malati».La visita-lampo non ha permesso al Papa di visitare Narareth, città in cui risiede Marcuzzo. Ma prima di lasciare la Terra Santa, Francesco ha espresso il desiderio e la speranza di ritornare, un giorno, nella terra dove ha vissuto la famiglia di Gesù e abbracciare la gente di Galilea.

Un rammarico

Non tutti i cristiani di Terra Santa hanno potuto vedere e salutare Francesco. «A Gerusalemme, nella città vecchia, c’era il coprifuoco totale e le strade deserte – spiega Marcuzzo –. Anche per noi vescovi, patriarchi orientali e cardinali gli spostamenti erano un continuo disagio di controlli, di contrordini e di attese esasperanti ai posti di blocco».

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