CHIESA E SINGLE: UNA RIFLESSIONE
L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga
“Né carne né pesce” è il titolo di un libro, uscito recentemente, della teologa e musicologa Chiara Bertoglio. Tocca una questione delicata e poco praticata dalla pastorale (nelle sue varie declinazioni) e dalla teologia: quella dello status dei “single” cattolici. Potremmo sintetizzarla così: nella Chiesa c’è un posto per i single? In effetti, quando in casa cattolica si parla di “vocazione” si prefigurano generalmente solo due possibili esiti: quello del matrimonio e quello della vita consacrata. “Tertium non datur”: non sono ammesse altre possibilità.
La questione non nasce oggi e non dipende solo dal fatto che in questi ultimi anni il numero dei single – maschi e femmine – è cresciuto in modo importante: lo testimoniano i recenti dati Istat. Sino alla metà del secolo scorso, infatti, nelle grandi case coloniche delle nostre campagne c’era spesso una zia nubile (o uno zio celibe) che viveva insieme con i fratelli e le sorelle coniugati. Non è detto che quelle esistenze fossero delle vite a metà o “né carne né pesce”, per richiamare il titolo del libro che ha certamente il merito di uscire allo scoperto su un tema per certi versi “scomodo”. Spesso erano presenze benvolute all’interno della famiglia: partecipavano a tutte le attività della casa o nei campi, si dedicavano ai nipoti o ai genitori anziani... Non necessariamente, quindi, vite inutili o sterili.
Oggi, certo, le cose sono diverse. Può succedere (forse anche in molti casi) che la condizione di single sia scelta per comodità, per puro edonismo, per scarsa propensione alla responsabilità... Tuttavia, dobbiamo riconoscere che non è sempre così. Talvolta, dietro la storia di un single – uomo o donna che sia – c’è molto altro. Magari la ricerca sincera di una vocazione (matrimoniale o di consacrazione) che non ha trovato risposta. E per tanti motivi: non necessariamente per la fragilità della persona che non ha saputo “decidersi”, ma per delusioni o scelte di altre persone. La ricerca della propria vocazione, poi, non è sempre un cammino chiaro e lineare: talvolta conosce involuzioni, percorsi carsici, sentieri interrotti... che dilazionano o fanno perdere di vista la meta. A volte ci sono occasioni mancate o perse, che non tornano più, mentre gli anni passano e una scelta di vita sfuma. Una persona talvolta “si ritrova” single non perché non abbia voluto impegnarsi, ma perché una serie di fattori, che si intrecciano certo anche con le sue personali scelte, l’ha portata a tale condizione di vita. Magari anche nella sofferenza, perché avrebbe anelato a qualcosa di diverso che, per tanti motivi, non è arrivato (o non arriva ancora). E poi ci sono anche i single che hanno trovato un certo equilibrio interiore e investono con passione le proprie energie e il proprio tempo nel lavoro, dentro ad una comunità, nel mondo dell’associazionismo... Per tutte queste persone Dio non ha veramente nulla in serbo? E la Chiesa nemmeno? Non resta altro da dire che “non hanno trovato la loro vocazione”?
La vita e i casi della vita sono più complessi di come noi, esseri umani, siamo portati a pensare (ed a semplificare). La fantasia di Dio è più grande di quanto crediamo. Forse una vita “riesce” – e risponde quindi alla vocazione che Dio le rivolge – semplicemente nella misura in cui si apre al Bene e cerca di mettere in pratica, nelle possibilità concrete della sua esistenza, il comandamento fondamentale del Vangelo che è quello dell’amore.
Alessio Magoga
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