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CON QUALI SOLDI?

L'editoriale della settimana

Parole chiave: debito (1), economia (11), politica (16), Italia (18), governo (3)
CON QUALI SOLDI?

Tutti a disquisire di cose serie o semiserie (premierato, autonomia differenziata…), se non di sciocchezze, mentre una tigre si aggira: la vedono tutti, ma si fa finta di niente. E la tigre è rappresentata da una situazione finanziaria dello Stato italiano che spaventa e che qualcuno prima o poi dovrà affrontare. Prima no, ma poi per forza sì.

Anzitutto, lo Stato spende più di quanto incassa, con uno sbilancio così rilevante che l’Unione Europea ha dato l’altolà: esistono parametri di buona amministrazione che abbiamo tutti accettato e che dobbiamo rispettare; se non lo facciamo, piovono dapprima multe, infine la Banca Centrale Europea bloccherà gli acquisti di titoli di Stato, lasciandoci preda della speculazione. Non possiamo permetterci nemmeno di pensarlo.

Poi c’è tutta una serie di provvedimenti governativi che hanno copertura limitata nel tempo, e che andrebbero rifinanziati per il 2025. O tagliati: in tema di pensioni, bonus economici, decontribuzione dei neo-assunti, taglio del cuneo fiscale. Con quali soldi?

In più, abbiamo garantito che i conti dell’anno scorso fossero coperti da una ventina di miliardi ricavati da privatizzazioni che, in realtà, sono del tutto irreali: forse incasseremo un quinto nel migliore dei casi. E il resto?

Quindi la realtà di tutti i giorni, che chiede più soldi per la sanità, più soldi per la difesa, più soldi per le industrie decotte (solo l’Ilva di Taranto costerà un occhio), più soldi per questo e quello. Senza alcuna riduzione di spesa o aumento delle entrate.

Un po’ di benzina ci verrà dai soldi del Pnrr, ma per investimenti, non per spesa corrente (non ci possiamo pagare gli insegnanti). Soldi che in buona parte dovremo restituire, mentre il debito pubblico vede vicina la vetta dei tremila miliardi di euro (ah, dovremmo abbassare pure quello).

Purtroppo, la realtà offre solo due ricette alla malattia: aumentare le tasse o ridurre la spesa. Siccome sono esattamente le misure che fanno perdere le elezioni a chi le propone o le attua, da vent’anni in Italia si è creato un circuito collaterale per evitare l’infarto: una decina di anni di governi “politici” interrotti da un governo “tecnico” che cerca di mettere a posto quel che i politici non hanno voluto fare. Lacrime e sangue, tanto poi non ci si presenta alle elezioni.

L’autunno ci dirà se la tigre verrà affrontata o se la tattica dilatoria proseguirà, aggravando la malattia.

Nicola Salvagnin

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