PIEVE DI SOLIGO: candidata a Capitale italiana della cultura 2022
Intervista al sindaco Stefano Soldan
Pieve di Soligo "Capitale italiana della cultura" per il 2022: una candidatura che ad alcuni è parsa coraggiosa, se non addirittura un "azzardo", pensando alle altre capitali italiane della cultura, ma che è stata accolta, nel novembre scorso, nella “short list” cioè tra le dieci città finaliste, tra cui sarà scelta vincitrice. Abbiamo chiesto al sindaco di Pieve, Stefano Soldan, come è nata questa proposta. «L'idea della candidatura di Pieve di Soligo e delle Terre alte della Marca trevigiana (complessivamente 30 comuni, ndr) – risponde il primo cittadino di Pieve – nasce sullo stimolo di diversi pensieri e in un contesto in cui da anni si sta ragionando su temi di sviluppo territoriale che mettano al centro il pensiero e l'identità culturale del territorio. L'occasione dei centenari della nascita del poeta pievigino Andrea Zanzotto e dell’on. Francesco Fabbri hanno permesso di attivare le diverse sinergie per costruire il dossier. Non ci siamo mai posti il problema se fosse un azzardo o no, ma abbiamo sempre inteso condividere e confrontarci sulle idee e sulle proposte in questa selezione».
Con quali sentimenti vivete il riconoscimento della candidatura di Pieve e con quale atteggiamento vi state preparando all’appuntamento del 14 e 15 gennaio, quando sarà scelta la Capitale della cultura 2022?
«L’esito della selezione tra le dieci città finaliste ci premia per questa tenacia e per il lavoro del comitato scientifico e di tutti i contributi ricevuti. In questo periodo, necessariamente intenso e impegnativo, ci accompagna un entusiasmo interno ma anche quello delle tante persone che in modi diversi ce lo stanno manifestando: non ultimo il voto unanime da parte del Consiglio Regionale al sostegno della candidatura».
Qual è stata la vostra “carta vincente”?
«La nostra carta vincente è l'originalità delle proposte avanzate e dei temi trattati. Essi partono dal pensiero di figure che hanno determinato lo sviluppo culturale ed economico del nostro territorio. A partire dal loro pensiero, si è strutturato un dossier che immagina un modello di sviluppo che pensa il nostro territorio fra trent’anni. Avendo sentito e visto gli altri dossier, credo che ciò sia un risultato unico: non aver messo al centro del dossier solo la “conta” dei monumenti e degli eventi culturali, ma aver posto come tema e proposta quello di creare un nuovo modello culturale, incentrato sullo sviluppo strategico e futuro a lungo termine. Un progetto che, partendo dal logo come elemento di rappresentatività collettiva e che il filosofo Aldo Colonetti ha definito di taratura internazionale, evidenzia il ruolo fondamentale di un'identità forte nella sua definizione ma contemporaneamente aperta al dialogo con il mondo».
Quali sono i punti forti del vostro progetto, espressi nel dossier?
«Elencare tutti i contenuti sarebbe molto lungo ma evidenzia un atteggiamento che pervade tutte le iniziative e le azioni proposte nel dossier: la decostruzione di ciò che ha rovinato od ostacola un compiuto raggiungimento della perfetta armonia tra paesaggio, lavoro e uomo. Tema declinato in azioni concrete e che in parte troveranno attuazione già a partire dal 2021. Il dossier è stata l'occasione per mettere insieme i diversi livelli di progettazione e sviluppo territoriali».
Quali sono i possibili scenari, nel caso in cui Pieve diventi capitale della Cultura?
«Certo, se Pieve di Soligo e le Terre alte della Marca trevigiana saranno riconosciuti come capitale italiana della cultura 2022, sarà una ulteriore, anche se impegnativa, occasione di sviluppo in tutti i campi per questa area geografica del nostro Paese che risulta essere unica».
E se non dovesse diventare Capitale, quali le prospettive?
«Se non saremo capitale italiana della cultura il dossier costituirà la base per continuare un dialogo tra i vari soggetti pubblici e privati, con la certezza che molte delle progettualità in esso contenute troveranno attuazione in questi anni».
Un auspicio?
«Che Pieve diventi Capitale italiana della cultura 2022, per dar prova che anche i piccoli possono essere grandi».
A. M.
(Intervista pubblicata sul n. 48/2020 de L'Azione)
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