Che porta!
Oggi Domenica: la riflessione sulla Parola di Dio domenicale.
Leggendo il grande affresco del Buon Pastore in cui l’evangelista Giovanni descrive l’attenzione premurosa e personale per le pecore, si corre il rischio che passi in secondo piano l’immagine di Gesù porta dell’ovile. Con buona probabilità Gesù ha pronunciato questa complessa e profonda similitudine nelle vicinanze del Tempio, presso la porta detta delle pecore o Probatica, per la quale passavano gli animali destinati ai sacrifici assieme ai pastori, proprietari e offerenti. Il discorso presentava difficoltà di accettazione, pur essendo tutti gli ascoltatori immersi in un’economia che aveva nella pastorizia il suo punto forte.
Per facilitarne la comprensione Gesù lo riprende e presenta se stesso con una doppia immagine: porta dell’ovile e pastore del gregge. Proclamandosi: Io sono la porta delle pecore, Gesù si dichiara mediatore della salvezza e punto di passaggio necessario per comunicare con Dio. Nella coscienza collettiva del popolo d’Israele, dopo la distruzione del Tempio (luogo privilegiato della comunione con Dio), era diffusa l’aspirazione ad una rinnovata presenza sensibile, bene espressa da Isaia (63, 19): Se Tu squarciassi i cieli e scendessi!, affinché il popolo liberato e raccolto in un recinto sicuro potesse varcare la soglia e uscire per essa (Michea 2, 12s). Con la ricostruzione sembrava realizzato il centro di incontro con l’Eterno.
Ma Gesù, sfidando la mentalità e arrischiando la condanna per bestemmia, si propone come il vero e nuovo Tempio in cui l’umanità entra pienamente in comunione con Dio. E di questo Tempio si definisce, coerentemente, l’unica autentica porta. Per noi credenti è rassicurante la proposta del Maestro, ma ad alcune condizioni. Il criterio di discernimento per Gesù-porta è chiaro: Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano.
Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! (Mt 7, 13s). Non è la porta trionfale dell’orgoglio e della vanità, ma quella umile del servizio. Il biglietto d’ingresso è la croce, seguendo il Signore, che ci avvisa: Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti cercheranno di entrare ma non ci riusciranno (Lc 13, 24). Insomma: In paradiso non si va in carrozza! Neppure su questa terra. E il tutto con saggezza, perché non ci succeda come alle vergini stolte, che han trovato la porta chiusa sentendosi gridare: Non vi conosco! (Mt 25, 12). Il recinto non è per accomodarci diventando pigri, sonnacchiosi e presuntuosi, ma per cooperare col Pastore uscendo per cercare altre pecore e rientrando con loro per realizzare il sogno del Padre: un solo gregge con un solo pastore. Lo stare nel recinto della Chiesa non è un privilegio, ma un dono per servire e trasmetterlo con gratuità. E sarà vita piena per tutti!
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