Come io vi ho amato
La riflessione sulle letture della domenica.
Nella quinta domenica di Pasqua il vangelo di Giovanni ci riporta alla notte dell’ultima cena, allo strappo tra Gesù e Giuda, all’annuncio della gloria del Figlio di Dio che non ha nulla a che vedere con le piccole glorie di cui noi – spesso – siamo alla ricerca. Il quarto evangelista ci porta ad ascoltare nuovamente l’annuncio del comandamento nuovo di Gesù: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Raccolgo in questi giorni storie faticose e gioie che riempiono la vita, quotidianità vissuta con dedizione e passione, e continua a ronzarmi per la testa quel “come” detto dal Maestro di Nazareth. Sì, mi piace davvero il “come” di Gesù. Mi piace, perché mi inchioda, perché mi proibisce di accontentarmi e giustificarmi. Se voglio amare per davvero, se N voglio riempire il mio cuore di passione, è a quell’amore che devo guardare. Niente di meno. Sto tentando di amare così? Come Gesù? Sto tentando di amare nella verità, senza piccolezze e menzogne, senza calcoli e previsioni di ritorno, senza aspettarmi nulla? Sto tentando di amare con tutta l’intelligenza del cuore e tutta la passione della carne? Mi piace davvero questo “come” di Gesù, perché non solo mi dice che Lui è il modello dell’amore, ma pure la fonte! Letteralmente la parola “Vangelo” significa “la Buona Notizia”. E non si tratta solo di quattro libri scritti bene, ma della persona stessa, della persona di Gesù. La Buona Notizia è che il Cristo risorto non si tira mai indietro e che il suo amore è più forte di tutti i nostri tradimenti. Anzi, è un amore che si manifesta in particolar modo quando noi lo tradiamo. Quando Giuda se ne va dal cenacolo, ormai è notte, la notte del tradimento e della morte. Eppure Gesù non dice di essere ormai perduto, ma di essere stato glorificato. La vera notizia non è lo scandalo causato da Giuda, ma l’amore con cui Gesù si offre totalmente perché impariamo ad amarci fra di noi allo stesso modo. “Amatevi gli uni gli altri”: tutti, nessuno escluso; guai se ci fosse un aggettivo a qualificare chi merita il mio amore e chi no. È l’uomo. Ogni uomo, perfino l’inamabile. Guai se ci fosse un aggettivo: i migliori, i più belli, i più bravi, i vicini e non i lontani. Ognuno merita il mio amore. Chi si è abbeverato alla grande sorgente della vita che è Dio, merita di bere un sorso d’acqua al mio piccolo ruscello, anche Caino. Gli uni gli altri significa inoltre reciprocità. Non siamo chiamati solo a spenderci per gli altri, ma anche a lasciarci amare: è nel dare e nel ricevere amore che si pesa la beatitudine della vita. Amore è intelligenza e rivelazione; amare è capire più a fondo: Dio, se stessi e il cuore dell’uomo. Da questo amore – dice Gesù – tutti capiranno che siamo suoi discepoli, discepoli del Risorto. Forse ci stiamo preoccupando di troppe cose, consumiamo energie per conservare poteri e presenze che hanno davvero poco di evangelico. Ci arrocchiamo in bastioni ben protetti per difenderci, spiegare e dimostrare. Ma del comandamento nuovo di Gesù che ne abbiamo fatto? Nelle nostre più o meno efficienti comunità, nelle nostre riunioni e programmazioni, nelle scelte importanti, qual è la temperatura dell’amore fraterno? Forse abbiamo bisogno di ritornare lì, di mettere l’amore – il Suo – al centro della nostra vita cristiana. Don Piergiorgio Sanson
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