Cielo e terra nuovi
La riflessione sulla Parola di Dio domenicale.
Domenica 19 maggio - V di Pasqua - anno C - prima settimana del Salterio - colore liturgico bianco At 14, 21-27; Sal 144; Ap 21, 1-5; Gv 13, 31-35 Benedirò il tuo nome per sempre, Signore
"Io Giovanni vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più”. Sono parole della seconda lettura, tolte dal finale del Libro dell’Apocalisse che è, a sua volta, l’ultimo libro della Bibbia. Possiamo considerarle come la conclusione di tutto ciò che Dio ci ha detto. Cosa sono questi cielo nuovo e terra nuova che prendono il posto del cielo e della terra attuali? Che cos’è questa città nuova, la nuova Gerusalemme, bella come una sposa, che prende forma in questo mondo nuovo? Fantasie di una mente esaltata? No, per noi credenti in Gesù è il nostro futuro. È un dato di fatto che noi, come anche la terra, non dureremo per sempre. Ma quella che chiamiamo fine in realtà sarà un “I inizio, l’inizio della vera vita che Dio ha pensato per noi quando ci ha creati. In questa città nuova abiteremo per sempre con Dio in una relazione del tutto palese. E sarà un tutt’altro vivere perché “non vi sarà più la morte, né lutto, né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate”. Una prospettiva del genere oggi non ha molto credito. La convinzione più comune è che, sì, tutto finirà, ma finirà nel nulla, per cui ciò che dobbiamo fare, se vogliamo essere persone degne, è rispettare il più possibile questa nostra terra e tentare di creare una convivenza un po’ più umana. Nient’altro. I credenti hanno altre speranze, fondate su quanto Gesù ci ha detto. Anche il vangelo odierno ripete la promessa. Siamo durante l’ultima cena, nel momento drammatico in cui Giuda esce per tradire Gesù e lui lo sa ma non lo ferma. E di fronte a questa infamia Gesù dichiara: “Ora il Figlio dell’Uomo è stato glorificato”. In realtà per questo tradimento sarà ucciso, ma questa sua morte causata dall’odio dei capi del popolo e da tutto il male che c’è nel mondo che non potevano sopportare questo giusto e santo, è un grande atto di amore di Dio per noi. Per questo atto di amore di potenza infinita noi siamo salvi e possiamo sperare in un futuro non di niente ma di vita pienamente realizzata. Poi Gesù aggiunge: “Vi do un comandamento nuovo… Come io ho amato voi così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Sempre gli uomini hanno declamato l’amore come una grande cosa, ma nello stesso tempo l’hanno ritenuto impossibile. La novità sta nel fatto che ora anche noi possiamo amare con la radicalità con cui Gesù ci ha amati. Lui ci dà la forza. Amarci vuol dire impegnarci con tutte le forze, assieme agli uomini di buona volontà, a fare le cose giuste di questo momento: rispettare la terra e creare una società più fraterna. Viviamo tempi in cui sembra che stia per rompersi, a causa di avventate decisioni, il patto costituzionale che sta alla base del nostro vivere insieme. Patto che assicura rispetto e realizzazione dei diritti fondamentali per tutti, diritto alla vita e a tutto ciò che la rende degna. Chi crede nell’amore non può non reagire. Non riusciremo mai a cambiare del tutto questo mondo che deve passare, ma dobbiamo sforzarci a metterlo un po’ più in sintonia con quell’altro mondo, quello nuovo che Dio ci ha promesso e che la morte e risurrezione di Gesù ha reso possibile. Solo chi manterrà viva nel cuore questa speranza e terrà ferma la propria vita in questa direzione, farà parte del mondo nuovo.
Don Gianpietro Moret
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