Oggi Domenica
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Il Pastore e le pecore

La riflessione sul Vangelo della domenica.

Il Pastore e le pecore

Domenica 22 aprile - IV di Pasqua - anno B - quarta settimana del Salterio - colore liturgico bianco At 4, 8-12; Sal 117; 1Gv 3, 1-2; Gv 10, 11-18 La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo

c'è un annuncio bellissimo che la nostra comunità cristiana oggi riceve e quindi vuol dare al mondo: “Dio stesso si è fatto nostro Pastore e ha offerto la vita per ciascuno di noi!”. C’è una conoscenza reciproca fra le pecore e il Pastore, fra noi che siamo il gregge e Gesù che è il nostro Pastore. Se c’è questa conoscenza reciproca ci deve anche essere da parte nostra uno stile di vita impegnato di ascolto, di silenzio e di intimità con Cristo, perché siamo amati da Lui. Che cosa ha rivelato Gesù ai suoi? Non una dottrina, ma il racconto della tenerezza ostinata e mai arresa di Dio. Nel pezzetto di terra che abitiamo, anche noi siamo chiamati a diventare il racconto della tenerezza di Dio. Della sua combattiva tenerezza. Qual è il comporta- C’ mento, il gesto che caratterizza questo Pastore secondo il cuore di Dio? Il Vangelo di oggi lo sottolinea per cinque volte, racchiudendolo in queste parole: “il pastore dà la vita”. Qui affiora il filo d’oro che lega insieme tutta intera l’opera ininterrotta di Dio nei confronti di ogni creatura: il suo lavoro è da sempre e per sempre trasmettere vita, “far vivere e santificare l’universo” (Prece eucaristica III). Gesù si proclama “buon Pastore”. Buono non solo per il piccolo gruppo degli amici, dei connazionali, ma sente di essere buon pastore anche dei lontani, anche di quelli che sono scappati dal gruppo. Gesù sa di essere buon pastore di ogni uomo sulla terra e che ogni uomo sulla terra ha diritto di essere da Lui conosciuto, protetto, difeso, salvato. Sì, perché ogni uomo fa parte della sua stessa vita. Gesù usa molte volte il verbo “conoscere”. Nel linguaggio biblico questa parola non esprime solo un fatto della mente, ma una dimensione più interiore, più profonda, più intima; un fatto che coinvolge il cuore e crea intimità, affetto, amore per la realtà conosciuta. Così anche il rapporto dello sposo con la sposa è chiamato “conoscenza”. Con questa immagine Gesù vuole farci toccare con mano chi siamo noi per Lui. Egli ci conosce, ci ama, uno a uno, buoni e cattivi, credenti e non credenti, ci ama come siamo fino a sacrificarsi totalmente per ciascuno di noi. Posso essere abbandonato da tutti, posso essere sopraffatto da mille avversità, posso essere caduto anche nel peggiore peccato, ma nonostante e malgrado questo c’è sempre Uno che mi conosce, che mi ama, tanto che se, mi perdo, mi viene a cercare, se lo abbandono sta ad aspettare il mio ritorno, se tutti mi scansano mi viene vicino, se tutti puntano il dito contro di me, Lui mi prende in braccio e mi salva. La fede in Gesù è una cosa meravigliosa, affascinante. Non c’è tristezza più grande dell’essere senza fede. Essere in comunione con Dio è l’avventura più straordinaria. Forse dovremmo prendere un po’ più seriamente questa parola di Gesù e chiederci onestamente chi o che cosa è il pastore della nostra vita e dove la conduce. Al “buon Pastore” appartengono anche “altre pecore che non sono dell’ovile”. Mi chiedo se oggi nelle nostre comunità cristiane non prevalga la tendenza a ripiegare sui fedelissimi. Ma Gesù invita soprattutto i Pastori, che svolgono un servizio in nome e con lo stile dell’unico Pastore, Gesù, di donare la vita, tempo, energie per i fratelli, condividendo le loro gioie e dolori, anche a rischio di essere non-capiti o maltrattati.

Don Piergiorgio Sanson

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