Oggi domenica
Oggi Domenica: la riflessione sulla Parola di Dio domenicale.
Mi piace molto la solennità di Tutti i santi. Mi piace la gente di questa festa: sia la moltitudine dell’Apocalisse, che il popolo dei nostri cimiteri. Mi piacciono i fiori del camposanto e i colori di un mite autunno. E, parafrasando il prefazio dei defunti, se mi rattristano le foglie ingiallite che cadono, mi conforta la speranza dei germogli a primavera. Di solito l’Apocalisse fa impressione. Noi pensiamo che parli di catastrofi e di morte. E, invece, è il libro della vita e della gioia. Toccante quell’appello “Non devastate la terra né il mare né le piante”, fatto da un Dio che aveva piantato un giardino in Eden e vi aveva collocato l’uomo. M Mi piace anche quella “moltitudine immensa, che nessuno poteva contare”. Gli ultimi, gli anonimi, i poveri! Quelli che non trovano un posto nel calendario. Chissà quanti! Sono tanti i buoni sulla terra. Allora non si può disperare. Festa di Tutti i santi! Una festa di luce! Anche i colori evocano il mistero della Pasqua! Il rosso del sangue ci porta alla morte del Cristo, Agnello immolato. Il bianco è il colore del mattino di Pasqua. Di fronte a questo tripudio di santità possiamo unirci alla preghiera degli angeli: “Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio”. Anche nel Vangelo ritorna il tema della gioia, in quel “beati”, litanicamente ripetuto nove volte e condensato nell’espressione finale “rallegratevi ed esultate”. Una gioia che viene da uno stile di vita diverso da quello del mondo, nel quale noi cristiani siamo chiamati a collocarci da persone originali, audaci e controcorrente. Come i santi! Forse la santità ci appare estranea, lontana. E, invece, è riproponibile proprio oggi, senza lasciarci imprigionare dalle banalità quotidiane. Celebrare i santi è respingere ogni solitudine e raccogliere quell’esperienza di Dio vissuta da quanti lo hanno amato. Celebrare i santi è conoscerli, ricordarli e imitarli, perché, come ricorda il prefazio, ci sono donati “come amici e modelli di vita”. Ciò vale anche per i nostri cari defunti. La loro “memoria” può essere tenuta viva visitando i cimiteri e guardando pensosi le lapidi, nodo di affettuose memorie. La festa del 1º novembre ci invita tutti a considerare la santità come possibile. Del resto ognuno di noi conosce persone che pagano di persona, ogni giorno, la fedeltà al Vangelo. Non fanno miracoli d’eccezione, non hanno visioni, né profetizzano. Ma vivono in maniera straordinaria la loro condizione abituale. Il vescovo Gaetano Bonicelli raccontava: «Un venerando cardinale al calare della sua lunga vita mi condusse un giorno nella sua biblioteca; era uno spettacolo di libri. Mostrandomi la parete più spaziosa e gli scaffali più lunghi mi disse: “Queste sono biografie e opere di santi. Sono gli amici più cari che mi sono rimasti”». Allora, con sant’Agostino, vale ancora chiederci: “Si isti et istae, cur non ego?”. Se tanti ce l’han fatta, perché non provo anch’io? Don Pietro Bortolini
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