Tutti Santi?
Oggi Domenica: la riflessione sulla Parola di Dio domenicale.
Sabato 1 novembre - Tutti i santi Ap 7, 2-4. 9-14; Sal 24; 1Gv 3, 1- 3; Mt 5, 1-12
Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore
Ai tempi del Seminario c’era l’usanza di proclamare durante i pasti delle letture per elevare – si diceva – il pensiero, o forse anche per distrarre l’attenzione dalla scarsa qualità del cibo. Erano libri edificanti, soprattutto biografie di santi. Tra i tanti ricordo ancora con piacere il libro di Piero Bargellini: Santi come uomini. Il fecondo scrittore fiorentino tracciava vivaci profili delle caratteristiche antropologiche di santi famosi (tanto per elencarne alcuni: S. Pietro era uomo sincero, S. Girolamo aspro, S. Giovanni Gualberto fiero, S. Francesco fantasioso, S. Tommaso d’Aquino taciturno, S. Bernardino da Siena arguto, S. Tommaso Moro prudente, S. Camillo de Lellis generoso, S. Leonardo da Porto Maurizio appassionato, S. Giovanni Bosco tenace). Mi è rimasta impressa la conclusione riguardo al mio omonimo di Guzman. A Bologna nel 1221 sul letto di morte tra i suoi frati S. Domenico fece la confessione generale a voce alta. Ebbe così l’occasione di parlare della sua castità, che, con la Grazia di Dio, aveva conservato intatta e che raccomandava ai suoi seguaci. (…) Poi, l’uomo forte nella virtù, nella dottrina e nella carità, temé di essere stato orgoglioso, quasi vantandosi della propria illibatezza. Volle allora umiliarsi, confessando, dinanzi ai suoi figli, una debolezza: quella d’aver conversato più volentieri con le giovani che con le vecchie. Quel libro è stato per me una gioiosa rivelazione che ha scrostato la muffa di sacrestia e il fumo delle candele con cui a volte vengono presentati i santi. Ho capito che i santi sono modelli di umanità, estremamente liberi di sviluppare le caratteristiche personali nell’immensa varietà del progetto d’amore del Padre di ogni uomo e donna di questa sterminata umanità. Nella grandiosa visione dell’Apocalisse le distinzioni razziali, tribali, linguistiche, culturali, sociali ed economiche sono superate dalla dignità comune per manifestare la varietà e bellezza del Regno. Mi pare che se c’è un atteggiamento che non piace ai santi (e penso anche al Padreterno), è quello di imitarli passivamente, pretendendo di diventarne quasi delle fotocopie. Dio chiama ciascuno ad essere santo per un cammino personalizzato, rispettando e valorizzando i doni ricevuti. Si tratta della doppia fedeltà: a Dio e a se stessi per metterla a servizio dell’umanità. Il modello è Lui, il Figlio totalmente incarnato nella nostra condizione umana. E come diceva O. M. Carpeaux (1900-1978): Il santo è la persona che possiede il carisma di prendere il mondo più sul serio di quanto meriti. Talmente sul serio che il cammino per il cielo passa necessariamente per questo mondo. Farei un gran torto ai santi se pensassi che sono perfetti. Tutti, ad eccezione di Maria santissima, sono peccatori diventati santi perché non si sono rassegnati ai propri difetti, ma affidati pienamente a Dio. Qui sta il loro segreto: l’intimità con Dio e l’umiltà, che è la base indispensabile della santità. Nel libro dei Proverbi 24, 16 si afferma: Il giusto cade sette volte, egli si rialza, mentre i malvagi soccombono nella sventura. Il mistico vescovo brasiliano Helder Camara commenta: Essere santi vuol dire rialzarsi subito ogni volta che si cade, con umiltà e con gioia. Don Domenico Salvador La riflessione verrà commentata con “Gli amici della Parola” su Radio Palazzo Carli venerdì alle 9.30 e in replica lunedì alle 18.40.
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