Un Dio appassionato
La riflessione sulla Parola di Dio domenicale.
Domenica 8 ottobre - XXVII del tempo ordinario - anno A - terza settimana del Salterio - colore liturgico verde Is 5, 1-7; Sal 79; Fil 4, 6-9; Mt 21, 33- 43
La vigna del Signore è la casa d’Israele
In un agrumeto della Sicilia, un proprietario terriero camminava tra i filari degli alberi del suo “giardino” fiero dell’ottima salute che le piante godevano. Chiamava i suoi alberi amorevolmente “i miei figlioletti”. Il vangelo di questa domenica ci parla di questi figli – che siamo noi – per i quali Dio – proprietario della vigna – si preoccupa costantemente affinché possano portare i buoni frutti che egli desidera per il loro bene. Prima di addentrarsi in questa parabola fa bene sostare su questa bella immagine di Isaia di un Dio appassionato: “Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna, che io non abbia fatto?”.
Dio ha per me una passione che nessuna delusione spegne, che ricomincia dopo ogni mio rifiuto ad assediare il cuore. È bello sostare dentro questa esperienza: sentire di essere vi- I gna amata, lasciarmi amare da Dio. Non sono altro che una vite piccolina, ma a me, proprio a me, Dio non vuole rinunciare. E Dio attende da me che, come la vite, io porti frutto. La parabola però avanza in un clima di amarezza e di violenza. Mi pare di intuirne l’origine nelle parole dei vignaioli, insensate e brutali: “Costui è l’erede, venite, uccidiamolo e avremo noi l’eredità!”. Questo contrasto è l’eterno intreccio tra l’amore di Dio e il nostro rifiuto. Quanti messaggeri Dio manda nella nostra vita e quante chiusure, mediocrità e falsità ancora segnano il nostro rapporto con Lui! Quando smetteremo di pretendere che Dio ci ascolti, senza aver nemmeno provato a sentire se Lui ha qualcosa da dirci? Forse anche noi siamo convinti che Gesù parla con noi e non di noi; siamo certi di essere a posto, sereni e tranquilli con la tessera aggiornata e fedele del buon cristiano. Forse, mentre ascoltiamo questa Parola ci vengono in mente altri (vicini di casa, parenti, colleghi, conoscenti…) che dovrebbero proprio farsi un bell’esame di coscienza…
Ecco: se è scattato anche uno solo di questi ragionamenti, allora questa parabola è proprio per noi e parla di noi. Questa parabola ci dà senz’altro speranza, ma nello stesso tempo si fa monito per i nostri giorni. Dio ci ammonisce che il suo amore è gratuito ma non superfluo. Offerto con tenerezza e dolcezza infinita, sempre nuovo. Ma la sorgente si può esaurire, se l’acqua verrà sprecata, gettata via, da un cuore duro e insipiente. Il rifiuto, che si fa poi violenza reciproca, può produrre cambio anche nel cuore stesso di Dio. Non perché si stanca, ma perché passa il suo dono ad altri, più attenti, più aperti, più fedeli. La storia insegna. La storia ci narra di civiltà sepolte e di antiche comunità cristiane scomparse, ma Dio non è rimasto sepolto e non è scomparso. Ha trovato altre civiltà che lo hanno accolto, ha fatto nascere altre comunità cristiane in mezzo ad altri popoli. Nei popoli dove per settant’anni si era data la caccia a Dio seppellendone perfino l’immagine, è rispuntata improvvisamente la fede in Cristo. I paesi dell’Est lo testimoniano. Mentre il nostro mondo occidentale sta mettendo in soffitta Dio, i popoli del terzo mondo lo stanno scoprendo. Per Dio ogni spazio può diventare la sua casa preferita. Rifiutare Cristo non è un’operazione intelligente e nemmeno liberatoria. Tutti i giorni avvengono fatti che, dove c’è meno Dio, c’è meno uomo. Lasciamo che lo Spirito Santo provochi ripensamenti sulle nostre scelte e ci faccia intravvedere il cammino della conversione.
Don Piergiorgio Sanson
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