Oggi Domenica
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Una festa per tutti

La riflessione sulla Parola di Dio domenicale.

Una festa per tutti

Domenica 15 ottobre - XXVIII del tempo ordinario - anno A - quarta settimana del Salterio - colore liturgico verde Is 25, 6-10; Sal 22; Fil 4, 12-14. 19-20; Mt 22, 1-14

Abiterò per sempre nella casa del Signore

Al centro della parabola di questa domenica c’è il re. L’occasione del banchetto è il matrimonio del figlio, di cui però non si dice nulla. Solo il re parla, ordina, giudica. Il primo colpo di scena sta nel rifiuto degli invitati alle nozze. Ma come? S’è mai visto qualcuno rifiutare un invito a un banchetto regale? E la cosa che lascia ancor più stupiti sono le motivazioni: uno va nel campo e quell’altro a badare ai propri affari. E se non bastasse qualcuno se la prende pure con i servi, li bastona e li uccide. È chiaro che Gesù sta rileggendo la storia di rifiuto e di violenza toccata ai profeti e a Giovanni Battista, ma anche la sorte che sarebbe capitata a lui stesso, il Figlio di Dio venuto in mezzo agli uomini. Ma questo A rifiuto appare provvidenziale, perché apre all’accoglienza di quelli che non erano preparati e che vengono raccattati per le strade. Buoni o cattivi, belli o brutti non fa problema! E la sala si riempie di invitati! E vai con la festa! “Andate per le strade, agli incroci, ai semafori, lungo le siepi...”. E l’invito sembra casuale, invece vuole esprimere la precisa volontà che nessuno sia escluso. Alla fine la sala si riempì di voci, di volti, di commensali buoni e cattivi. Io immagino il paradiso proprio come quella sala delle feste: il paradiso non è pieno di santi, è pieno di peccatori perdonati, cioè di gente come me, come noi. Questa parabola, pur piena di particolari complessi, ha un cuore: è l’annuncio che Dio chiama tutti a vivere una vita piena. E per rappresentare questa pienezza Gesù usa il linguaggio di un banchetto nuziale. Un banchetto è all’insegna dell’abbondanza: c’è di tutto: “grasse vivande, vini eccellenti, cibi succulenti, vini raffinati” (Is 25, 8); c’è ben più del necessario. E se manca qualcosa, allora val bene un miracolo come a Cana di Galilea, perché anche il vino, il migliore allieti la mensa. Dio è gratuità: il banchetto cui ci invita porta il segno della generosità. Ma a quel banchetto partecipa solo chi indossa la veste nuziale, solo chi accetta di cambiare, di venir trasformato dalla bontà del Padre. Certo se uno va al banchetto come se andasse a un sacrificio, se anziché lasciarsi coinvolgere da un clima di festa, si apparta con lo sguardo triste e rassegnato, non solo non gode dell’invito ricevuto, ma guasta la festa di tutti gli altri: allora è meglio che se ne vada; il banchetto non giova né a lui né agli altri. La grazia dell’invito è proprio per cambiare il nostro atteggiamento di fronte all’esistenza: se non sappiamo entrare nella logica gratuita e lieve del banchetto, allora tanto meglio non accettare l’invito e stare fuori. Ancora una volta il Maestro di Nazareth ci scuote e ci obbliga a guardarci allo specchio per dirci la verità sulla nostra vita e sulla nostra fede. La sua Parola ci vuole svestire da quella religiosità fatta di abitudini vuote, di riti che non celebrano più nulla, di quella religiosità triste e moralistica di cui spesso – troppo spesso! – siamo imbevuti. La sua parola ci vuole mettere a nudo, o forse farci capire che nudi già lo siamo e che lo Spirito è pronto a rivestirci dell’abito di nozze. È paradossale sentirsi o definirsi “credenti non praticanti”, ma è ancora maggiore il rischio di vivere da presunti “praticanti non credenti”. Don Piergiorgio Sanson

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