
“La casa non cade perché ci sono persone che si fanno avanti per aggiustarla e renderla abitabile”. È solo un passaggio – uno dei più illuminanti – del discorso alla Città di mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, tenuto lo scorso 5 dicembre nella Basilica di Sant’Ambrogio. Un intervento piuttosto corposo – dura circa mezz’ora – che aiuta a leggere il tempo in cui viviamo.
Mons. Delpini prende spunto dal tempo di crisi che il nostro mondo, la nostra società sta attraversando: sembrano entrate in crisi quelle linee architettoniche che hanno retto la nostra storia dal dopoguerra in poi. Per certi versi, proprio come ai tempi in cui visse Sant’Ambrogio, quando l’Impero romano era sconquassato da terribili lotte interne.
Un tempo di crisi, quindi, quello che viviamo e un tempo di minaccia di crollo. Le crepe e le incrinature si vedono nella Città, nella Casa comune che ci ospita. L’arcivescovo indica cinque di queste minacce, di cui richiamo semplicemente i titoli: una generazione che non vuole diventare adulta: la paura del futuro; Città che rifiutano i cittadini; il declino del welfare e la paura di essere ammalati; l’intollerabile situazione delle carceri: la repressione come unica strada; il capitalismo a servizio dell’individualismo: l’indifferenza verso l’altro…
Cinque grandi crepe che parlano, certamente, della minaccia di crollo della Città di Milano ma che, in realtà, dicono molto anche delle minacce di crollo del nostro contesto, qui del nostro Veneto, seppur con qualche sfumatura diversa. Anche da noi, solo per fare degli esempi, gli adulti faticano ad assumere il ruolo di educatori dei più giovani, le case per coppie e migranti non si trovano, la sanità pubblica è in fatica, la sovrappopolazione carceraria fa problema, la finanza spesso persegue finalità egoistiche…
L’intervento di mons. Delpini, però, non si ferma all’analisi ma continua con una proposta – e qui viene la parte più stimolante. Perché se le crepe e le minacce di crollo sono sotto gli occhi di tutti (almeno di chi vuol vederle), meno evidenti sono le ragioni per cui la Città continua a stare in piedi. E la Città sta in piedi, secondo Depini, perché c’è qualcuno che “si fa avanti”, cioè si mette in gioco, ci mette la faccia e soprattutto, in un mondo individualista e irresponsabile, pensa al bene di tutti, non solo al proprio, accettando la logica di responsabilità. Colpisce la lunga lista di persone – quasi un’interminabile processione – che “si fanno avanti” e Delpini enumera: una coppia di sposi, una donna sindaco del paese, un educatore, via via sino ad un giovane, ad un cittadino comune. Sono questi gli uomini e le donne che non vogliono che la Città crolli e che si fanno avanti per il bene proprio e per il bene di tutti. “La casa non cadrà – sono ancora parole di Delpini – perché ci siete voi, responsabili delle istituzioni, sindaci, forze dell’ordine, magistrati, imprenditori, medici, educatori, donne e uomini, anziani, adulti e giovani, voi tutti che vi fate avanti ogni giorno e mettete mano all’impresa di aggiustare il mondo”.
Anche il nostro Veneto, anche la nostra Chiesa, nonostante le crepe e le minacce di crollo, non cadranno ma resteranno in piedi se ci saranno uomini e donne, giovani e adulti, che si faranno avanti, accettando il rischio di avere coraggio, di pensare alla comunità, di guardare al futuro con speranza. L’esito positivo, la tenuta della Casa – dobbiamo riconoscerlo – non è scontato. Se il Signore ci rassicura che la casa costruita sulla roccia della sua Parola non crollerà, tuttavia molto dipende da noi: dalla nostra disponibilità a non tirarsi indietro ed a farsi avanti.
Alessio Magoga








