GAZA: qualcosa si muove ma troppo tardi
Dopo il raid israeliano contro la chiesa della Sacra Famiglia
Alessio Magoga
27/07/2025
Particolare della chiesa della Sacra Famiglia colpita (foto inviata da mons. Marcuzzo)

Bisognava colpire (per sbaglio?) una chiesa cattolica perché si muovesse qualcosa? Mi riferisco al raid dell’esercito israeliano che ha colpito, giovedì della settimana scorsa, la chiesa della Sacra Famiglia, l’unica presenza cattolica nella striscia di Gaza. Mons. Giacinto Marcuzzo, Vescovo ausiliare emerito del Patriarcato Latino a Gerusalemme e originario di San Polo, ci ha subito avvisato e ci ha tenuti aggiornati sul drammatico attacco che ha portato alla morte di tre cristiani ed al grave ferimento di altri (anche il parroco, don Gabriel Romanelli, è rimasto ferito).

Si sono subito diffusi numerosi attestati di vicinanza e solidarietà: dalle parole di papa Leone, a quelle del cardinal Pizzaballa, ai vescovi italiani, sino agli interventi di diverse autorità politiche ed istituzionali. All’Angelus di domenica scorsa, papa Leone, per l’ennesima volta, ha chiesto “che si fermi subito la barbarie della guerra e che si raggiunga una risoluzione pacifica del conflitto”. “Alla comunità internazionale – ha ribadito con forza – rivolgo l’appello ad osservare il diritto umanitario e a rispettare l’obbligo di tutela dei civili, nonché il divieto di punizione collettiva, di uso indiscriminato della forza e di spostamento forzato della popolazione”. Anche oggi è tornato a lanciare un appello per la pace, denunciando la gravità della situazione di Gaza.

Molto eloquente è stata la visita a Gaza, all’indomani dell’attacco israeliano, del cardinal Pizzaballa e del patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III, entrati nella Striscia per portare conforto e solidarietà. Di ritorno dalla visita, il card. Pizzaballa ha espresso il suo sconcerto per una popolazione – quella di Gaza – colpita e lasciata affamare: «Non riusciamo a capire le ragioni di tutto questo e, come il Papa giustamente ha detto, e anche noi lo ripetiamo continuamente, tutto questo non è giustificabile». «Vorrei chiarire una cosa – ha poi concluso –: non abbiamo nulla contro il mondo ebraico e non vogliamo assolutamente apparire come coloro che vanno contro la società israeliana e contro l'ebraismo, ma abbiamo il dovere morale di esprimere con assoluta chiarezza e franchezza la nostra critica alla politica che questo governo sta adottando a Gaza».

Anche sul versante delle istituzioni politiche si è mosso qualcosa. Al di là degli appelli dell’Onu, che da molto tempo denuncia la situazione inaccettabile di Gaza, il 22 luglio il Ministero degli Esteri del Regno Unito ha reso noto che 25 Paesi (tra cui l’Italia) ed il Commissario Ue per l'uguaglianza, la preparazione e la gestione delle crisi hanno sottoscritto un documento di condanna della politica di Israele a Gaza. È la prima volta che un numero così significativo di Paesi europei (21) prende una posizione netta contro il governo Netanyahu. «Condanniamo – si legge nel documento – il rilascio a rilento degli aiuti umanitari e l’uccisione disumana di civili, compresi bambini, mentre cercano di soddisfare i propri bisogni essenziali di acqua e cibo». «È agghiacciante – continua sempre il documento – che oltre 800 palestinesi siano stati uccisi mentre tentavano di accedere agli aiuti. Il rifiuto da parte del Governo israeliano di fornire assistenza umanitaria essenziale alla popolazione civile è inaccettabile. Israele deve adempiere ai propri obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale».

Il governo israeliano ha irriso e criticato aspramente anche questo appello e continua la sua azione di guerra.

Che cosa si può fare, quando le parole e gli appelli cadono sistematicamente nel vuoto? Che cosa deve succedere, ancora, perché cambi qualcosa a Gaza? Che l’Europa – anche se non tutta – si muova e prenda le distanze dalla politica a Gaza di Israele è un buon segnale, anche se troppo in ritardo. Ora devono essere anche gli Usa di Trump, principali alleati di Israele, a prendere delle decisioni, sperando siano quelle giuste. Siamo ormai fuori ogni tempo massimo. E noi cosa possiamo fare?

Alessio Magoga


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