Quella caritativa è una delle dimensioni fortemente sottolineate nell’esperienza del cammino giubilare, orientato a ravvivare la speranza come dinamismo fondamentale che anima il credente in Cristo. Così ci ricorda papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo “Spes non confundit” (“La speranza non delude”): “Abbiamo bisogno di abbondare nella speranza per testimoniare in modo credibile e attraente la fede e l’amore che portiamo nel cuore; perché la fede sia gioiosa, la carità entusiasta; perché ognuno sia in grado di donare anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza”.
Del resto, tutti noi abbiamo avuto l’occasione di vivere un gesto di carità o semplicemente di prenderci cura di qualcuno; altre volte ci è capitato di essere noi stessi destinatari dell’attenzione e dell’amore altrui. Possiamo quindi confermare che ogni volta che si sperimenta questa dinamica di prossimità anche la notte più buia che si attraversa, anche la fatica più pesante che ci capita di portare, diventano più leggere e cariche di speranza. Sì, siamo fatti per la relazione, e la vicinanza di qualcuno – offerta o accolta – diventano un balsamo del cuore, uno squarcio di misericordia, un segno concreto di speranza.
Penso allora a questo anno giubilare che è ormai prossimo e a tutti i pellegrinaggi che potremo fare. Sì, i pellegrinaggi a Roma e l’attraversamento delle porte sante delle basiliche maggiori. Ma quei passaggi di porta santa ci direbbero ben poco se non ci allenassero a varcare anche altre porte sante, meno ufficiali ma forse più cariche di indulgenza. Le porte sante di ospedali e case di riposo, dove poter portare una carezza, un bacio, un silenzio carico di ascolto e di condivisione; le porte sante delle case del nostro paese, dove vivono anziani soli, dove nel silenzio una famiglia porta la croce del lutto o di una malattia grave; le porte sante dei vicini di casa dai quali ci separa qualche contenzioso, per chiedere o per offrire un gesto di perdono; le porte sante del mare e delle frontiere da cui non cessano di entrare persone in cerca di futuro e di speranza e che possono trovare nelle porte aperte del nostro cuore almeno l’assenza del giudizio, se non proprio un gesto di interesse e di accoglienza; le porte sante della camera da letto di tuo figlio o di tua figlia, che stanno rinchiusi tutto il giorno dentro il loro guscio e che attendono una parola che li faccia sentire vivi e li risvegli dall’anestesia del torpore per richiamarli alle scelte grandi e belle della vita, in un dialogo familiare da costruire con pazienza; le porte sante dell’azienda, della scuola, del luogo di lavoro, dove l’atto più alto di misericordia coincide con la pienezza della giustizia, con il fare ciascuno la propria parte, il proprio dovere, con passione e dedizione, in spirito di squadra, senza chiacchiericcio o competizione; le porte sante del creato in cui ogni essere vivente è un protagonista insostituibile della casa comune, porte da varcare con gratitudine e contemplazione, in uno sforzo di conversione per uscire dalla logica del dominio e della mercificazione.
Quanta carità nell’attraversare queste porte sante! Quanta bellezza da comunicare e condividere! Il coraggio di vivere con questa consapevolezza il Giubileo che apre le sue porte ci aiuterà ad essere un segno del bene possibile, della Grazia in atto, una testimonianza visibile che il Vangelo di Cristo e la sua redenzione non sono illusione, ma fonte di una speranza che non delude.
Don Andrea Forest direttore Caritas diocesana