In Italia ci sono oltre 32mila sacerdoti che si dedicano quotidianamente alle comunità. Ogni giorno portano aiuto e speranza. Si dedicano a tempo pieno ai luoghi in cui tutti noi possiamo sentirci accolti, far vivere le nostre passioni e mettere in luce i nostri talenti. Per poter continuare a svolgere il loro ministero, i sacerdoti vanno sostenuti anche economicamente: tutte le info nel sito www.unitineldono.it. In questo numero conosciamo, con don Lorenzo Cavinato, il servizio di accompagnamento spirituale.
Quella dell’accompagnamento spirituale è una chiamata che mi pare di aver intuito fin dai primi passi del mio ministero. Tutto è cominciato al termine della prima messa di Natale vissuta a San Vendemiano, quando una persona mi si è avvicinata per qualche ragione. Così, da quel momento, si sono susseguiti diversi nuovi inizi, innescati dagli avvenimenti più vari. Per alcuni, decisiva è stata una confessione significativa; per altri, una parola udita in un’omelia; per altri poi, una domanda vocazionale intricata, difficile da sciogliere con i normali percorsi proposti; per altri ancora, un senso di vuoto interiore prolungato.
L’aumento di queste richieste mi ha spinto da subito a formarmi. Ho frequentato un corso per accompagnatori spirituali organizzato a Frassati dal Centro Ignaziano di Spiritualità, in collaborazione con l’Università Gregoriana. Ma, ancora di più, mi ha spinto a scavare ulteriormente nella mia vita con l’aiuto di una guida ben formata, che potesse guidarmi nella mia vita interiore, ma anche in una revisione del mio servizio. Infatti, non può accompagnare chi non è accompagnato.
In questi anni, mi sono reso conto della grande sete di Dio che soggiace nelle profondità del cuore umano. Spesso attende solo una mano costante per poter intraprendere il cammino. Così ho visto alcune vite cambiare, altre fiorire. Ho ascoltato una persona meravigliarsi, dopo diverse esperienze vissute, nell’esclamare: «Non mi sono mai sentita amata così ». Ho avuto la grazia di vedere qualcuno, che desiderava la morte, sentire che Dio gli chiedeva di vivere per lui. Ho ascoltato una persona scoprire una malattia e sentirsi, allo stesso tempo, amata da Dio e presa in braccio. Ho visto la provvidenza accompagnare a chiudere una relazione sterile per donare un amore inatteso e fecondo.
Occorre precisare che l’accompagnatore è solo uno specchio. Ciò che conta, infatti, avviene tra Dio e la coscienza della persona, attraverso il mezzo della Scrittura. Personalmente, prediligo il metodo della meditazione ignaziana, perché è capace di attivare tutta la persona, anche nella sua sfera affettiva, in un dialogo con una Parola che sgorga dal suo stesso intimo, lasciando una notevole libertà. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che questo servizio presenta numerosi rischi di abuso, per i quali occorre vigilare. In nessun modo ci si può improvvisare accompagnatori. È la libertà della persona la prima e irrinunciabile regola che sostiene il rapporto. Mi sto rendendo conto di come la chiamata all’accompagnamento spirituale si sposi perfettamente con ciò che lo Spirito sta suggerendo alla Chiesa universale per il suo cammino di conversione.
Afferma, infatti, il documento finale del Sinodo appena concluso, al n. 78: «L’assemblea [sinodale] ha dedicato attenzione alla proposta di istituire un ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento, mostrando una varietà di orientamenti. […] È emersa anche la proposta che l’eventuale ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento sia destinato in modo particolare all’accoglienza di chi è ai margini della comunità ecclesiale, di chi ritorna dopo essersi allontanato, di chi è in ricerca della verità e desidera essere aiutato a incontrare il Signore».
Non sono forse elementi di una condizione crescente nella Chiesa di questo tempo? Si tratta, tuttavia, di un servizio ancora non così riconosciuto e valorizzato, di fronte ad altri che vantano una maggiore evidenza. L’accompagnamento spirituale delle persone non è infatti quantificabile o appariscente, come del resto il lievito nella pasta, la perla preziosa nella conchiglia o il tesoro nascosto nel campo. Ciò che emerge dalla crescente richiesta di accompagnamento è la sete di sentire la voce di Dio, ormai così flebile nel contesto culturale in cui viviamo.
È il desiderio di riattivare quel «sensus fidei» che appartiene ad ognuno e che stiamo riscoprendo con forza in questo pontificato. È, in definitiva, un tassello essenziale di quella Chiesa del terzo millennio che sta sfumando il criterio dei «duo genera christianorum», per edificarsi più decisamente in forza del sacramento che tutti ci accomuna: il battesimo.
Don Lorenzo Cavinato
(Foto: dal sito Uniti nel dono)