
Venerdì 10 ottobre, alle 20.45, all’auditorium della biblioteca di Pieve di Soligo, Gianluca Tormen, storico dell’arte, presenta Marta Sammartini, artista e scultrice in tempo di guerra. Ingresso libero.
Marta Sammartini nasce a Belluno il 4 aprile 1900. Ma la famiglia si sposta poi a Pieve di Soligo, in un palazzo storico del centro.
Il suo genio si sprigiona molto presto. Riempie album e taccuini con disegni tratti dal vero o da opere d’arte antiche che vede nei libri. È una famiglia agiata la sua che, viste le precoci doti artistiche della ragazza, le permette di spostarsi a Venezia dove i Sammartini possiedono un palazzo sul Canal Grande. Compie gli studi classici e contemporaneamente frequenta lo studio dello scultore Annibale De Lotto, di origine cadorina.
Ha grande padronanza delle tecniche. Dipinge ritratti e paesaggi, e realizza illustrazioni per l’infanzia, ma sente profondamente la scultura, arte considerata in quei primi anni del Novecento un retaggio prettamente maschile.
Dal De Lotto la ragazza coglie la forza delle figure e un certo naturalismo, ma grazie alla sua curiosità e allo spirito di osservazione si guarda intorno continuamente per cogliere suggestioni e novità. Il 1917 la vede profuga con la famiglia a Bologna, dove si iscrive alla Scuola d’arte di palazzo Hercolani e comincia ad esporre le sue sculture. Nel 1918 la famiglia si sposta a Firenze. Umanamente, sono anni duri, che la segnano in modo indelebile. La sua arte resta a tratti silente, come paralizzata. Poi, ritorna impellente il suo genio creativo, anche per denunciare la tragedia della guerra. Scolpisce in questo periodo la scultura della Madre profuga. Ciò che ha studiato e visto a Firenze, il fiorente Quattrocento di Donatello, Nicolò Pisano e Jacopo della Quercia, si fa tratto caratteristico del suo spirito.
Partecipa con le sue sculture ad esposizioni prestigiose, anche alla Biennale del 1920. Lavora alacremente.
Il decennio tra il 1925 e il 1935 rappresenta un periodo difficile per l’artista. Calano le partecipazioni ad eventi ma preme segnalare nel 1933 la sua adesione al Concorso internazionale di arte religiosa a Firenze presentando il dipinto Misteri gaudiosi.
Intorno al 1938, Marta Sammartini è presente ancora una volta, l’ultima, alla Biennale. Poi, decide di ritirarsi a Pieve di Soligo, dove continua a lavorare ma soprattutto con la pittura. Eccezione sono una scultura di Sant’Antonio di Padova per la basilica del Santo a Padova del 1940 e il San Pietro pescatore, del 1949.
Nel 1952 diventa terziaria francescana.
Muore a Pieve di Soligo il 15 maggio 1954.