EURISPES: un quarto degli italiani guarda in modo negativo agli immigrati
I dati del Rapporto 2020. Eppure, spiega il presidente di Eurispes Fara, “i lavoratori immigrati in Italia producono il 9% del Pil, circa 139 miliardi di euro annui”
Quattro italiani su dieci (40,3%) definiscono il proprio rapporto con gli immigrati “normale”, quasi uno su cinque (19,4%) parla di reciproca indifferenza, il 14,4% di reciproca disponibilità, mentre un decimo trova gli immigrati ostili (10,1%), l’8,1% li trova insopportabili, il 7,7% afferma di temerli. È quanto risulta dal sondaggio condotto dall’Eurispes per il Rapporto Italia 2020.
Secondo questa rilevazione, la convinzione che gli stranieri tolgano lavoro agli italiani è cresciuta dal 24,8% al 35,2% rispetto a dieci anni fa; la percentuale di chi vede negli immigrati una minaccia all’identità culturale nazionale è salita dal 29,9% al 33% e quella di chi paventa un aumento delle malattie è passata dal 35,6% al 38,3%.
Allo stesso tempo, è crollata di 17 punti la percentuale di coloro che vedono negli stranieri un arricchimento culturale (dal 59,1% al 42%) ed è diminuita in misura analoga la convinzione che gli immigrati contribuiscano alla crescita economica del Paese (dal 60,4% al 46,9%).
Eppure, commenta il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, “i lavoratori immigrati in Italia producono il 9% del Pil, circa 139 miliardi di euro annui”, e “il denaro che spediscono ai loro familiari (6,2 miliardi annui) è molto più importante per il sostegno ai Paesi di origine di quanto non sia quello che l’Italia destina agli aiuti internazionali allo sviluppo”.
Il bilancio economico della loro presenza è nettamente positivo per i conti pubblici. Gli immigrati, infatti, versano 14 miliardi annui di contributi sociali e ne ricevono solo 7 tra indennità di disoccupazione e pensioni.
I loro contributi ci permettono di pagare oltre 600mila pensioni. A fronte di questi “dati inoppugnabili”, il presidente dell’Eurispes si domanda “quand’è che la politica smetterà di cercare consenso sulla pelle (nera) dei profughi e sulla pelle del futuro economico del Paese”.
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