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Intervista al pediatra Lorenzo Rizzi sulla figura del padre ai nostri giorni

Versione integrale.

Intervista al pediatra Lorenzo Rizzi sulla figura del padre ai nostri giorni

Pubblichiamo di seguito la versione integrale dell'intervista rilasciata dal pediatra Lorenzo Rizzi al nostro settimanale sulla figura del padre ai nostri giorni. Nel giornale cartaceo di domenica 17 marzo una sintesi dell'intervista.

Il papà di questi nostri tempi «vuole fortemente fare il papà, ma non sa bene come farlo, e spesso corre il grosso rischio, tipico dei maschi, di cercare da solo le modalità, non rendendosi conto che operando in questa maniera sono come dei ciechi che vogliono fare da guida. Non si è papà solamente perché si fanno i figli, ma perché li si desidera e li si educa. Un papà sperimenta che la sua fecondità è un dono e non il prolungamento della potenza della propria virilità. Ogni papà si rende conto che la vita del figlio proviene da una fonte segreta che è la stessa fonte dalla quale proviene la sua, cioè proviene da un Altro. Sperimenta quella che noi possiamo chiamare una paternità di figlio, cioè una paternità ricevuta. La paternità non nasce unicamente con la nascita del figlio, ma affonda le proprie radici a ritroso, nella storia di ognuno, nelle cure e nelle protezioni ricevute durante le età precoci della vita dagli adulti che si sono occupati di noi. La paternità non ha unicamente a che vedere con il fatto di essere diventato genitore, ma con la condizione di essere stati figli, di essere stati oggetto di cura e con le modalità con cui queste cure sono state fornite. La paternità non è culturale, ma ancorata biologicamente nel senso che le modalità con cui abbiamo ricevuto le cure da piccoli costituiscono una spinta fondamentale nel determinare una postura corretta per la relazione che si stabilirà coi propri figli che verranno. Per impostare una buona relazione con un figlio un papà deve rispondere alla domanda: cosa vuol dire essere figlio? Nessuno di noi ha scelto le sue origini, quindi in quanto figli proveniamo da un altro: all’origine non c’è l’io, ma l’Altro. Lo stesso nome che ciascuno porta è la prima testimonianza dell’altro. Quindi come padri è fondamentale riscoprire che siamo prima di tutto figli, un papà è un figlio che fa funzione di padre. Riscoprire la nostra figliolanza e riconoscere quello che siamo: figli innanzitutto di Dio». È l’analisi di Lorenzo Rizzi, 62 anni, pediatra, di Ziano Piacentino. Qualche giorno fa era a Conegliano per tenere un corso per padri e figli preadolescenti su affettività e sessualità. Con i 24 partecipanti (12 padri e 12 figli) ha condiviso quanto ha elaborato negli anni, inizialmente insieme alla moglie leggendo la Parola di Dio e la parola della Chiesa, e successivamente formandosi e aderendo  allo stile di vita dei metodi naturali di conoscenza e regolazione della fertilità. In particolare nell’ambito sessuale: «La conoscenza dei metodi naturali - spiega – ci ha permesso di approfondire e vivere pienamente la relazione coniugale. Adesso cerco di sensibilizzare i padri sulla bellezza della loro virilità e sulla necessità di costruire sane relazioni affettive con i figli». Come tanti papà della sua epoca - rivela - «sull’educazione sessuale ho ricevuto ben poco da mio papà, fortunatamente (a differenza di Geppetto nella conosciuta storia di pinocchio) papà mi ha dotato di ben due orecchie, cioè mi ha educato bene all’ascolto. Quello che ho imparato sulla sessualità l’ho appreso da solo, ma fortunatamente ho messo l’orecchio nella direzione giusta e questo per merito della Madonna a cui sono molto devoto. Oggi i ragazzini, per quanto riguarda la sessualità, vengono educati dal cellulare e dalla cultura contemporanea che purtroppo è completamente materialista e fa ancora riferimento agli illustri maestri: Karl Marx, Friedrich Nietzsche e Sigmund Freud, che sono i maestri del sospetto come li chiamava S. Giovanni Paolo II: il sospetto è che colui da cui discendi, tuo papà, è invidioso di te. Il papà invece è colui che benedice i propri figli”.

Lei ama definire i papà di oggi come dei Telemaco. Perché?

«Perché li vedo nella stessa postura che aveva Telemaco in riva al mare a scrutare l’orizzonte sperando comparisse una nave col proprio padre. Oggi i padri sono desiderosi di capire come si fa il padre, vogliono fare i papà, ne conosco tanti che si prendono le ferie per portare il figlio in ambulatorio; anni addietro questo compito era assolto esclusivamente dalla mamma».

Quali sono i “punti di forza” dei papà di oggi? «Oggi si vedono molti papà che sono più sentimentali, emotivi, senza barriere. Essere custodi dei sentimenti del figlio è un punto di forza, ma credo sia necessario conoscere la differenza tra emozione, sentimento e amore. Cioè custodire i figli non vuol dire essere in sintonia con i loro sentimenti, per es. tifare per la stessa squadra, ma amare quello che c’è dentro, il segreto della persona, il desiderio profondo del figlio. Altro punto di forza è l’autorevolezza che è una parola impronunciabile oggi, ma i papà sono autorevoli spesso inconsapevolmente, per esempio quando il papà cambia il pannolino al figlio nello stesso tempo esprime benevolenza, cioè vuole prevenire l’arrossamento del culetto, e usa anche la sua forza perché lo sostiene evitando che cadendo si faccia male. Quindi si comporta autorevolmente».

Lei insiste sulla responsabilità «Certo. Quando il bambino nasce, i papà sono entusiasti per essere diventati padri, gli cambia letteralmente il mondo e sono consapevoli della responsabilità e dell’impegno che li attende nei confronti del loro figlio. Dopo tre-quattro anni iniziano a perdere tale entusiasmo e a dimenticare la propria responsabilità. I genitori che vengono ai nostri corsi quando terminano e tornano alle loro case sono molto entusiasti perché desiderano recuperare/approfondire la relazione col figlio. I figli naturalmente hanno sempre lo sguardo rivolto verso i propri padri, ma anche il cuore dei padri deve tornare a rivolgersi verso i figli come ci ricorda San Luca nel primo capitolo del suo Vangelo. Vorrei anche sottolineare l’importanza del mandato paterno di benedire i propri figli che è un patrimonio dell’umanità!  Coll’atto di benedire il papà svolge un’azione performativa, cioè nel parlare bene dei figli, cercando e lodando i talenti dei propri figli anche se ancora non si vedono chiaramente, non fa che bene al figlio e lo rende pieno di voglia di diventare uomo». Se consideriamo  i “punti di debolezza” dei papà contemporanei vediamo che si possono riassumere come la non applicazione dei “punti di forza”. Quindi l’essere papà amicone, adultkid come dicono gli americani, o peter-pan, cioè papà che hanno abdicato al loro mandato di trasmettere qualche cosa al figlio e soprattutto un ideale di vita. Questo comportamento è una conseguenza del cosiddetto “pensiero debole” secondo il quale non esiste una morale, non c’è un bene e un male e per questo il padre non può trasmetterti nessuna cosa di valore perché è pari a te. Infine il padre “assente”, che non vuole immischiarsi nel lavoro educativo e questo perché in definitiva gli costa fatica. È il papà che non vuole responsabilità e permette la soddisfazione di qualsiasi desiderio purché il figlio sia felice. Quel papà dimentica però che la felicità immediata può portare anche a sofferenze enormi in futuro.

Quali sono gli errori educativi più frequenti? «Credo che il problema non sia fare errori, ma non avere ben chiari alcuni punti di riferimento cardine: esiste un bene e un male, la vita di un figlio è un itinerario che va dalla madre al padre. Per quanto riguarda l’affettività/sessualità, oggi è spesso demandato ad altri, occorre invece essere consapevoli che è una continua testimonianza che diamo ai nostri figli. Il tacere su tali argomenti rende i figli analfabeti affettivi, occorre allora parlare con i figli e non aver paura di raccontare la propria storia. La prima consapevolezza che il padre deve avere è quella di testimoniare quotidianamente il proprio amore per la sposa: è da lei che ho ricevuto i figli e allora che sia sempre più la mia signora, dominus in latino significa regina del mio regno».

Intervista al pediatra Lorenzo Rizzi sulla figura del padre ai nostri giorni
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