PAPA FRANCESCO: "Noi proviamo vergogna"
Sette richieste di perdono da parte della Chiesa
“La Chiesa è sempre Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca di perdono, e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi che si riconoscono poveri e peccatori”. Lo ha ribadito papa Francesco, nell’omelia della veglia presieduta nella basilica di San Pietro, la sera del 1° ottobre, a conclusione del ritiro in preparazione alla seconda sessione del Sinodo dei vescovi. Al cuore della veglia, l’atto penitenziale scritto dal Santo Padre e letto da sette cardinali “perché era necessario chiamare per nome e cognome i nostri principali peccati”, ha spiegato Francesco: “Il peccato è sempre una ferita nelle relazioni: la relazione con Dio e la relazione con i fratelli e le sorelle. Nessuno si salva da solo, ma è vero ugualmente che il peccato di uno rilascia effetti su tanti: come tutto è connesso nel bene, lo è anche nel male. La Chiesa è nella sua essenza di fede e di annuncio sempre relazionale, e solo curando le relazioni malate, possiamo diventare una Chiesa sinodale”.
“Come potremmo essere credibili nella missione se non riconosciamo i nostri errori e non ci chiniamo a curare le ferite che abbiamo provocato con i nostri peccati?”, si è chiesto il Papa, secondo il quale “la cura della ferita comincia confessando il peccato che abbiamo compiuto... Non potremmo invocare il nome di Dio senza chiedere perdono ai fratelli e alle sorelle, alla terra e a tutte le creature”, l’appello: “Cominciamo questa tappa del Sinodo, e come potremmo essere Chiesa sinodale senza riconciliazione? Come potremmo affermare di voler camminare insieme senza ricevere e donare il perdono che ristabilisce la comunione in Cristo?”.
“Non possiamo pretendere di risolvere i conflitti alimentando violenza che diventa sempre più efferata, riscattarci provocando dolore, salvarci con la morte dell’altro”, il riferimento all’oggi: “Come possiamo inseguire una felicità pagata con il prezzo dell’infelicità dei fratelli e delle sorelle? E questo vale per tutti”.
“Chiedo perdono per il peccato di mancanza del coraggio necessario alla ricerca di pace tra i popoli e le nazioni”, ha detto il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, prendendo la parola prima delle testimonianze: “Ancora più grave è il nostro peccato, se per giustificare la guerra e le discriminazioni, invochiamo il nome di Dio”. “Chiedo perdono per quando non abbiamo riconosciuto il diritto e la dignità di ogni persona umana, discriminandola e sfruttandola”, le parole del card. Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio umano integrale.
“Chiedo perdono, per tutte le volte che noi fedeli siamo stati complici o abbiamo commesso direttamente abusi di coscienza, abusi di potere, e abusi sessuali”, ha detto il card. Seán Patrick O’Malley, arcivescovo emerito di Boston: “Per tutte le volte che abbiamo usato la condizione del ministero ordinato e della vita consacrata per commettere questo terribile peccato, sentendoci al sicuro e protetti mentre approfittavamo diabolicamente dei piccoli e dei poveri”.
Il card. Kevin Joseph Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita , ha chiesto invece perdono “per tutte le volte che non abbiamo riconosciuto e difeso la dignità delle donne, per tutte le volte che abbiamo giudicato e condannato prima di prenderci cura delle fragilità e ferite della famiglia, per tutte le volte che abbiamo rubato la speranza e l’amore alle giovani generazioni, per tutte le volte in cui abbiamo preferito vendicarci, anziché impegnarci nella ricerca della giustizia, abbandonando chi sbaglia nelle carceri e ricorrendo all’uso della pena di morte”.
“Chiedo perdono per tutte le volte che abbiamo dato giustificazione dottrinale a trattamenti disumani”, le parole del card. Victor Manuel Fernandez, prefetto del Dicastero per la dottrina della fede. “Chiedo perdono per l’inerzia che ci trattiene dall’accogliere la chiamata a essere Chiesa povera dei poveri”, il mea culpa del card. Cristobàl Lopez Romero, arcivescovo di Rabat. “Chiedo perdono – ha concluso il card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna – per quando abbiamo trasformato l’autorità in potere, soffocando la pluralità, non ascoltando le persone”.
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