SANITÀ: "Le RSA non hanno bisogno solo di soldi, ma di una completa riorganizzazione"
Lo sostengono Fp e Fnp Veneto
La sanità e, in particolare, l’assistenza sociosanitaria territoriale stanno vivendo l’apice di una crisi cominciata decenni fa, ma anche l’occasione irripetibile di riforma. Ciò impatta anche i centri servizi residenziali, pubblici e privati, che dalla pandemia in poi hanno mostrato tutti i loro punti deboli e che ora, tra carenza di personale e costi energetici, si trovano al bivio se aumentare o no ancora una volta le rette. La prima soluzione è didascalica: chiedere più fondi. È successo anche pochi giorni fa in V Commissione in Consiglio regionale. Ma un ulteriore passa da fare è riformare completamente le RSA: «Questo sarebbe possibile, e noi della Cisl lo diciamo da tempo ormai, se la Regione mettesse mano a una vera riforma dei centri servizi, che inglobi e vada oltre la pur necessaria riforma delle Ipab mai fatta in 23 anni. Una riforma che sia, poi, coordinata a quella degli ATS e alla messa a terra del PNRR», affermano Marj Pallaro e Tina Cupani, segretarie generali rispettivamente di Fp e Fnp Veneto, le sigle della funzione pubblica e dei pensionati.
Partendo dalla constatazione che le RSA sono 347 in Veneto, quindi con una presenza capillare in tutta la regione, Fp ed Fnp hanno elaborato e presentato a giugno una “ricetta” per il riassetto dell’assistenza sociosanitaria territoriale, che le include come soggetti erogatori di servizi “oltre” la sola residenzialità. Un riassetto che deve prevedere anche una riorganizzazione delle governance, spesso troppo legate ai Comuni di afferenza, e delle gestioni amministrative. Spiegano ancore le sindacaliste: «Si creerebbe un circolo virtuoso tra risparmi di costi gestionali e ampliamento dei servizi e, quindi, aumento delle entrate. Tutto questo con beneficio sia per le strutture che per il territorio. E con ovvie e positive ripercussioni sulla quota delle rette residenziali a carico delle famiglie. Stiamo portando questa visione in tutte le sedi competenti. Ma da un lato la Regione continua a tenere inspiegabilmente separati i temi sociosanitari, dall’altro le strutture si chiudono sempre di più in se stesse».
Quella proposta dalla Cisl è una strategia che guarda al futuro, ma che non è sostitutiva di altre azioni necessarie oggi più volte sollecitate, ma ancora lontane dal vedere una risposta soddisfacente da parte della Regione Veneto: l’incremento delle impegnative di residenzialità (oggi un anziano su 4 deve pagarsi interamente la retta che supera anche i 3mila euro al mese) e l’aumento dei posti letto in relazione all’invecchiamento della popolazione e, quindi, all’aumento degli anziani non autosufficienti. Una ricerca della Fnp Veneto, presentata a inizio anno, ha calcolato che entro il 2042 dovranno essere attivati altri 10.700 posti letto aggiuntivi ai 34mila odierni, per garantire la stessa proporzione di oggi di 17% anziani non autosufficienti assistiti in struttura e 83% in casa.
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