VENETO; rapporto sulla qualità delle acque sotterranee
Per l'assessore dati in miglioramento, per il Pd scenario preoccupante
L’assessore all’Ambiente ha presentato in Commissione consiliare il rapporto sulla qualità delle acque sotterranee in Veneto, eseguita sulla base dei monitoraggi di ARPAV.
“Dalle valutazioni ambientali che la Regione del Veneto ha effettuato – dettaglia l’assessore - al termine del ciclo di pianificazione 2015–2020 del Piano di Gestione delle Acque del Distretto delle Alpi Orientali emerge che nel territorio veneto, sul totale dei corpi idrici sotterranei, il 76% è classificato in stato “buono” facendo registrare un generale miglioramento della qualità degli stessi rispetto al sessennio precedente durante il quale il raggiungimento degli standard previsti dalla Direttiva Quadro in materia di Acque aveva interessato il 61% dei corpi idrici totali”.
Si è passati dunque da venti a venticinque corpi idrici con lo stato buono sui trentatré totali, di cui vi sono dieci corpi idrici che nella precedente valutazione erano in stato “scarso” e che nella classificazione oggi proposta, anche per effetto delle misure contenute nei piani regionali di settore, hanno migliorato il loro livello di qualità raggiungendo lo stato “buono”.
“Un dato decisamente importante – evidenzia l’assessore -, soprattutto tenuto conto che oggi i parametri di valutazione sono ben superiori al passato e quindi il miglioramento del numero dei corpi idrici che sono passati allo stato di buono è davvero significativo”.
“Ovviamente non siamo completamente soddisfatti – precisa l’assessore – in quanto il nostro obiettivo è di migliorare ulteriormente e far sì che anche gli otto corpi idrici che nella classificazione attuale non hanno conseguito la valutazione “buona” possano assumerla in futuro, superando la problematica contingente, collegata ad alcuni superamenti delle concentrazioni limite legati in un caso alla presenza di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) e in altri di alcuni fitofarmaci”.
Alcuni corpi idrici localizzati nei territori dell’alta e media pianura delle Province di Vicenza e Treviso non hanno infatti conseguito la valutazione “buona”, in un caso a causa dei superamenti registrati per alcuni composti PFAS, in forza dei nuovi valori soglia e nei restanti quattro casi per la presenza di fitofarmaci, alcuni dei quali (come il metolachlor ESA e il dimetomorph) di recente introduzione nei monitoraggi di ARPAV.
“Abbiamo elaborato un documento molto dettagliato – conclude l’assessore -, che contiene anche le attività previste per continuare a perseguire il raggiungimento del buono stato chimico di tutti i corpi idrici sotterranei del Veneto, anche in considerazione degli effetti ambientali dovuti ai cambiamenti climatici che sono, mai come prima in questo prolungato e grave periodo di siccità, sotto gli occhi di tutti”.
PD: scenario preoccupante
"Dal monitoraggio di ARPAV per la classificazione dello stato qualitativo delle acque sotterranee, le nostre falde acquifere, emerge uno scenario preoccupante, con un territorio, quello trevigiano, nel ruolo di pecora nera. E con lacune operative che non aiutano di certo a tenere sotto controllo tempestivo la qualità delle nostre risorse idriche".
La valutazione di fondo al report "Classificazione Stato Qualitativo Acque Sotterranee", illustrato oggi in Commissione Ambiente dall’ARPAV, è del consigliere regionale del PD Veneto, Andrea Zanoni.
"Sono ben otto i corpi idrici in stato qualitativo scarso, ovvero dove vengono superati i limiti di legge. E ben sei di questi si trovano appunto in provincia di Treviso. Il primo, Alpone-Chiampo-Agno, risulta avere il superamento dei limiti di legge per il cromo esavalente, i PFOS, e i PFOA. Per quanto riguarda la Media Pianura tra Retrone e Tesina si registra il superamento dei limiti di legge per i PFOS e PFOA. Nelle Colline trevigiane per tricloroetilene+tetracloroetilene, dimetomorf, glifosate; nell’Alta Pianura Trevigiana per i nitrati; nella Media Pianura tra Muson dei Sassi e Sile per il bentazone e il metolachlor esa; nella Media Pianura tra Sile e Piave per il dimetomorf, metolachlor esa e i pesticidi totali; nella Media Pianura tra Piave e Monticano per il dimetomorf, imidacloprid, metalaxil + metalaxilM, tebuconazolo e i pesticidi totali; nella Media Pianura Monticano e Livenza per linuron, metolachlor e metolachlor esa".
Zanoni mette in evidenza alcuni nodi: "Le sostanze rilevate sono erbicidi e fughicidi usati soprattutto in agricoltura ma anche sostanze chimiche usate nell'industria. In particolare, è emersa la presenza in alcune aree di Bentazone e Linuron che, a quanto pare, sono vietate da tempo. C'è poi una falla grave, di carattere organizzativo e comunicativo. Accade infatti che, riguardo i casi di allevamenti che utilizzano acqua di pozzo, ovvero di falda acquifera, questi non vengano segnalati all’assessorato dell’Agricoltura che per precauzione li dovrebbe segnalare agli allevatori e a chi usa quest'acqua contaminata per ortaggi e frutta. Un fatto grave. A questo si aggiunge che, malgrado la bontà dei monitoraggi, siamo ancora ad un livello di insufficienza nella definizione delle cause che determinano l'inquinamento delle acque. E dunque ad uno stato di paralisi nell'introduzione di strumenti che impediscano di arrivare a scenari come quello illustrato oggi".
“Ho chiesto, presente l’assessore all’Ambiente - ha concluso Zanoni - di effettuare una ricognizione dei pesticidi utilizzati in agricoltura, per capire quante delle 18.000 tonnellate utilizzate ogni anno in Veneto finiscano sul suolo, sulle falde acquifere e sui fiumi. Questo perché, se non conosciamo tali dinamiche, non possiamo attuare misure utili alla prevenzione di questi diffusi fenomeni di inquinamento".
(comunicati stampa)
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