DIOCESI: veglia per la pace molto partecipata
La sera del 28 febbraio in cattedrale a Vittorio Veneto
Tantissime persone da tutta le diocesi ieri sera, 28 febbraio, in cattedrale a Vittorio Veneto, per la veglia per la pace in Ucraina. Tra i partecipanti anche un bel gruppo di ucraine e ucraini residenti nel nostro territorio (foto sopra). Ecco la riflessione proposta dal vescovo Corrado.
"Riprendo alcune frasi fra quelle che abbiamo ascoltato. La prima che mi ha colpito è quella tratta del brano di Isaia che abbiamo ascoltato all’inizio di questa veglia- Il profeta esce con questo annuncio che è insieme una profezia e un auspicio: Una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione.
Sono parole scritte 2500 anni fa. Parole che tuttora non si sono ancora realizzate. L’invasione tragica dell’Ucraina è una dimostrazione che siamo ben lungi dal godere del realizzarsi di questa profezia. Qualcuno può osservare: ma Isaia comincia il suo brano dicendo: “Alla fine dei giorni”
Potremmo dire, allora, che è inutile sperare che questa profezia si realizzi ai nostri giorni: essa si realizzerà - se mai si realizzerà - alla fine dei giorni, non certo nei giorni che viviamo. Potrebbe anche essere, ma noi siamo convinti che non debba essere così.
Il testo che abbiamo letto del Concilio Vaticano II, tratto da una delle più importanti costituzioni dogmatiche, la Gaudium et Spes, dice: “E’ chiaro che dobbiamo con ogni impegno sforzarci per preparare quel tempo nel quale, mediante l’accordo delle nazioni, si potrà interdire del tutto qualsiasi ricorso alla guerra”.
Ci fa capire che quel tempo in cui “una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione” che Isaia definisce alla fine dei giorni, dovrà e potrà realizzarsi come frutto di un impegno in cui tutti devono mettere il proprio sforzo.
Si tratta quindi di impegnarci ad essere operatori di pace dice Gesù nel Vangelo: Beati gli operatori di pace. Beato chi diventa operatore di pace. Beato chi incontra operatori di pace. Beati noi se in tutti gli ambienti in cui viviamo ci sforzeremo di far crescere relazioni di pace, non di aggressività, di dialogo, non di estraneità o peggio ancora di odio e di violenza.
E tuttavia siamo anche consapevoli che l’impegno non basta.
Se siamo qui in chiesa è perché siamo consapevoli che abbiamo bisogno della grazia, ioè dell’aiuto gratuito e fedele del Signore.
- Che nessuna nazione alzi più la spada contro un’altra nazione potrà certamente essere frutto del desiderio e dell’auspicio presente nel cuore dell’uomo, ma, più profondamente è frutto dell’azione dello Spirito che fa crescere desideri di pace, di concordia, di riconciliazione.
- Che possiamo diventare, negli ambienti dove viviamo, operatori di pace, anche questo sarà certamente frutto di un nostro impegno, ma più profondamente sarà frutto dell’azione dello Spirito che fa crescere nel nostro cuore desideri di pace e capacità di attuare relazioni di pace. Non dimentichiamo che il primo frutto dello spirito Santo, secondo la Iettera ai Galati, è proprio la pace.
Siamo qui allora per chiedere al Signore questo grande dono: che cessi la guerra e che si ritrovino - per la cara nazione Ucraina - sentieri di pace.
Ma siamo qui anche per chiedere al Signore e per promettere a lui di impegnarci per la pace perché solo se cresce una cultura di pace sapremo reagire (non solo come singoli, ma anche come popoli) alle tentazioni di risolvere le tensioni e i conflitti con la violenza".
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