Andare oltre la "società liquida"
L'editoriale del direttore de L'Azione don Alessio Magoga.
Nella prossimità delle feste di Natale molti si sono commossi per il gesto di generosità dei colleghi di Michela, una giovane mamma del Vicentino. La donna aveva finito le ferie e non poteva più assentarsi dal posto di lavoro per stare vicino alla figlia gravemente ammalata. E così, grazie all’intuizione di un’amica e alle recenti modifiche delle leggi sul lavoro, è arrivato il regalo dei colleghi: hanno donato parte delle loro ferie a Michela perché potesse accompagnare Nicole – questo il nome della bimba – in quelli che si sono rivelati i suoi ultimi giorni di vita. La bambina è morta poco tempo dopo, la vigilia di Natale, nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Padova. Insieme all’affetto immenso di una mamma e di un papà per la propria figlia, colpisce anche questo gesto di generosità dei colleghi. Un gesto che commuove e dà speranza, perché dimostra con sorpresa che siamo ancora capaci di solidarietà e di gesti di altruismo. Il senso della comunità – o il desiderio di essa – è ancora vivo, sebbene sembri talvolta nascosto sotto la cenere, come dei tizzoni ardenti il giorno dopo il falò. All’età di 91 anni, agli inizi di gennaio, ci ha lasciato anche Zygmunt Bauman, il sociologo di fama mondiale che ha definito la nostra società come “società liquida”. Una definizione che può apparire originale o lontana ma che descrive invece il contesto in cui ognuno di noi oggi vive (e non solo quello delle grandi metropoli europee).
La sua pluridecennale analisi era arrivata alla conclusione che nella nostra società “il cambiamento è l’unica cosa permanente e l’incertezza è l’unica certezza” e pertanto nulla sembra avere consistenza o stabilità (è liquido, appunto). Sempre a detta di Bauman, la “liquidità” della nostra epoca è determinata principalmente dalla globalizzazione, dal consumismo, dal crollo delle ideologie, dall’affermarsi di un individualismo sfrenato e dalla crisi della comunità... Quello che Bauman delinea è un mondo governato dalle leggi del mercato, in cui nessuno è più compagno di strada dell’altro ma un suo antagonista o un nemico da cui guardarsi. Per sopravvivere nella società liquida – e per superarla – Bauman intravede come principale rimedio, da perseguire con tenacia e con coraggio, la via del dialogo e dell’inclusione attraverso la ricostruzione di un tessuto comunitario e solidale. Molto chiara – e all’insegna dello spirito di accoglienza – è stata la sua posizione nei confronti del fenomeno dei migranti e dei profughi. Per lui “costruire muri al posto di ponti e chiudersi in stanze insonorizzate non porterà altro che una terra desolata di separazione reciproca, che aggraverà soltanto i problemi”. Bauman avrebbe certamente applaudito al gesto dei colleghi di Michela: è questa – quella della solidarietà – la strada giusta per uscire dall’individualismo della “società liquida”. L’uomo liquido o l’uomo di sabbia – per usare l’espressione di un’altra studiosa, Catherine Ternync – ha davanti a sé la grande sfida di “rafforzare l’umano dell’uomo”, cioè dare consistenza in modo nuovo a quel grande tesoro che è costituito dai valori umanistici della tradizione occidentale. Non si tratta di tornare semplicemente indietro. Non si può più. Bisogna andare oltre: oltre la società liquida e oltre l’uomo di sabbia, ma passandoci attraverso. “È da troppo tempo che mi areno – confessa l’uomo di sabbia – e potrei scivolare fuori dell’umano. Tiratemi fuori dalle sabbie. Mettetemi in vita. Il vostro pensiero sia un atto di liberazione. Aspiro ad essere di più. Lasciatemi diventare”. Con coraggio bisogna andare oltre, lasciando emergere e consolidando quel senso di umanità che ancora oggi – grazie a Dio – è dentro a ciascuno di noi.
Don Alessio Magoga
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