La gioia del Vangelo
Le riflessioni sul Vangelo della domenica.
Domenica 11 dicembre - III di Avvento - Gaudete - anno A - terza settimana del Salterio - colore liturgico viola o rosaceo Is 35, 1-6. 8. 10; Sal 145; Gc 5, 7- 10; Mt 11, 2-11
Giovanni, la roccia che sfidava il vento del deserto, che era “anche più di un profeta”, “il più grande” di tutti entra in crisi: sei tu o no quello che il mondo attende? Il profeta dubita e Gesù continua a stimarlo. E questo mi conforta: anche se io dubito, la fiducia di Dio in me resta intatta. Perché è umano, di fronte a tanto male, dubitare. Gesù non ha mai promesso di risolvere i problemi della storia con i miracoli. Ha promesso qualcosa di più forte ancora: il miracolo del seme, il lavoro oscuro ma inarrestabile del seme che fiorirà. Mi capita di incontrare molte persone, convinte di essere cristiane, ma che credono in una divinità prodotta dalla loro fantasia o dai loro bisogni: un Dio castigatore che con un colpo di frusta stermina tutti i cattivi della terra; un Dio mastro-lindo che con abilità e competenza risolve tutti i problemi del mondo; un Dio baby-sitter che si prende cura di noi sistemando tutti i nostri pasticci. Non so cosa si aspettasse Giovanni, ma la cosa che mi affascina è che riesce a mettere in discussione la sua attesa di Dio, la sua immagine di Messia e di conseguenza la sua fede.
“Beato chi non si scandalizza di me” dice Gesù. È lo scandalo della misericordia. Gesù è un Dio che non misura i meriti, ma guarisce il cuore; che invece di bruciare i peccatori, come annunciava il Battista, siede a tavola con loro. È lo scandalo della piccolezza. Una grande domanda antica come la fede: “Sei tu Colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”. Un dubbio che dopo duemila anni rimane intatto: continuiamo a seguire il Vangelo o è meglio rivolgersi ad altri? Ma è solo l’incontro con il Signore che trasforma: è appunto la “gioia del Vangelo”. Ed è qualcosa di concreto, di tangibile, e lo posso verificare anche in me. La risposta ai nostri dubbi è semplicemente questa: se l’incontro con il Signore ha prodotto in me frutti buoni – che sono gioia, coraggio, generosità, fiducia nella vita, apertura agli altri, spera nza, altruismo – questo significa che è davvero il Messia. Se invece io non cambio, se sono quello di prima, allora ho sbagliato qualcosa nel mio rapporto con il Signore.
Mi impressiona però quella frase di Gesù: “Beato chi non trova in me motivo di scandalo”. Gesù portava scandalo, ha contestato scribi e sacerdoti, ricchi e moralisti. Ha cambiato le regole della religione, della morale, ha capovolto le radici del potere: ha messo la persona prima della legge. “Costui bestemmia” sarà l’accusa suprema. E invece era totale libertà. Gesù porta scandalo oggi come allora, a meno che non ci facciamo un Cristo a nostra misura, a meno che non addomestichiamo il suo messaggio. Già, il Natale è uno scandalo: un Dio che si fa uomo, anzi si fa carne… La nascita misteriosa, i dubbi di Giuseppe! E poi la sproporzione tra i mali del mondo e un uomo solo, con un pugno di amici, per folle di bisognosi. Beato chi non si scandalizza della debolezza di Dio… e sa attendere, attendere nell’amore e nel servizio! Beato chi accetta la fede come gioia e come fatica, la fatica del contadino. Fino a che c’è fatica, c’è speranza. Beato chi, come Giovanni, non cessa di interrogarsi, di andare in cerca di poveri e di profeti, in cerca di Cristo, piccolo e fortissimo seme di luce, goccia di fuoco, che vive e geme nel cuore dell’uomo.
Don Piergiorgio Sanson
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