UNITI NEL DONO: nei giovani c'è grande sete di Dio
L'esperienza della Scuola di Preghiera
Redazione Online
14/12/2025

Sono un prete impegnato nella pastorale giovanile ormai da qualche anno - una grande grazia che il Signore ha voluto concedermi -, e se devo essere del tutto sincero, non sempre si è trattato di un impegno che definirei “gratificante”, anzi. Quella dell’evangelizzazione in contesti giovanili è una sfida complessa, ricca, che richiede la capacità di impegnarsi anche a lungo, senza aspettarsi grandi successi, e che richiede soprattutto l’attenzione spirituale ed educativa di favorire il legame tra quei giovani che mi sono affidati e Gesù Cristo, sapendo che è facile, e forse inevitabile a volte, legare un po’ le persone anche a sé stessi. Per questo motivo, in quasi dieci anni di servizio coi giovani, la Scuola di Preghiera si è rivelata per me un dono provvidenziale, sotto vari aspetti. Ormai forse lo si dà per scontato, ma l’avere una proposta come questa in diocesi, una proposta che richiama sempre un gran numero di giovani (l’anno scorso non si è mai scesi sotto i 220 partecipanti), per la cui realizzazione si coinvolgono preti, religiosi, coppie di sposi, ed educatori appartenenti a diverse realtà ed associazioni, è una grande opportunità, che si rivela adatta sia per coloro che sono ai primordi del proprio cammino di fede, sia per coloro che su quel cammino hanno già mosso alcuni passi. La Scuola di Preghiera è nata con l’intenzione di essere un “contesto di trasformazione”, cioè un luogo in cui l’incontro con la Parola di Dio, l’incontro con il Signore presente nell’eucarestia e nel volto dell’altro, gettino le basi per un processo di conversione, di cambiamento interiore, e anche di discernimento vocazionale. Questa fu l’idea di don Pier Amort, sacerdote della nostra diocesi che agli inizi degli anni ‘80 del secolo scorso, ispirandosi ad un’esperienza proposta dal Seminario Maggiore della diocesi di Roma, promosse in quanto animatore della Comunità Teologica e direttore del Centro Diocesano Vocazioni, la prima versione della Scuola di Preghiera. Il Seminario la ripropose nel 2004, con l’intenzione di riattivarla. Dopo il suo arrivo, il vescovo Corrado Pizziolo, nel 2009 chiese anche al Centro Diocesano Vocazioni, all’Azione Cattolica, alla Pastorale giovanile e all’Agesci, di contribuire a ripensare insieme e rilanciare l’iniziativa. Da allora ad oggi si sono svolte ben 17 edizioni della Scuola di Preghiera, ognuna caratterizzata da un tema che possa declinarsi in una serie di tappe da percorrere. Quest’anno, un po’ volendo ricentrarci sul cuore dell’esperienza, come équipe promotrice abbiamo pensato di ripercorrere alcune chiamate presenti nel Nuovo Testamento. “ChiamaTe”, un tema scelto con l’intenzione di mettere in mostra le “tensioni” nelle quali si trova immerso chiunque voglia aprirsi alla propria chiamata vocazionale, cioè la tensione tra ricordi e promesse, tra conosciuto e ignoto, tra timore e coraggio, tra sequela e missione …

Vista la grande quantità di energie impiegate in questa iniziativa, potrebbero emergere alcuni dubbi o alcune critiche, anche legittime: “i giovani sono sempre più analfabeti dal punto di vista religioso, non si sta puntando troppo in alto? Così si raggiungono sempre gli stessi giovani, e tutti gli altri? Dove sono i frutti vocazionali di questa esperienza? La preghiera non è tutto…”

Sì, “la preghiera non è tutto, ma tutto parte dalla preghiera”, e vorrei concludere condividendo apertamente una mio personalissimo dubbio. Mi domando se noi adulti, educatori, preti, non rischiamo di proiettare la nostra spiritualità a volte fredda, povera, un po’ rattrappita, nei giovani che guidiamo, i quali non raramente sanno custodire in segreto una sete di Dio che il mondo non prende sul serio, e purtroppo, spesso, neanche noi. La Scuola di Preghiera dunque può essere un piccolo spazio di ascolto offerto alle domande più profonde e inascoltate dei nostri ragazzi.

Don Mauro Polesello


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