EDITORIALE: quella finestra chiusa...
Il Papa è assente da San Pietro ormai da tre settimane
Alessio Magoga
09/03/2025

Nei racconti dei pellegrini di ritorno dal Giubileo della speranza a Roma, si sente ripetere che “tutto è andato bene... però quella finestra, rimasta chiusa, ci ha lasciato un po’ di tristezza”. Il pensiero, non solo dei pellegrini ma di tutta la Chiesa e di tanti uomini e donne di buona volontà, va a Papa Francesco ed al suo ricovero al Gemelli, che lo tiene lontano da Piazza San Pietro ormai da quasi tre settimana. In tanti, in questi lunghi giorni, si stanno ritrovando insieme a pregare per la salute del Papa.

Molti altri lo fanno singolarmente. Certo, si prega perché il Papa guarisca. È un gesto di affetto e di vicinanza nei confronti di una figura, quella del Pontefice, che è centrale nella vita della Chiesa, ma anche nei confronti di una persona di grande spiritualità ed umanità, che si è fatta apprezzare ed amare da tanti sia dentro sia fuori la Chiesa.

La preghiera, allora, è certamente per la sua salute e per la sua guarigione. Perché possa tornare presto a quella finestra per pronunciare l’Angelus ed impartire la sua benedizione. E, tuttavia, c’è anche un significato ulteriore. Non si è preoccupati solo della salute del vicario di Cristo che ha la missione di guidare la Chiesa. Non è semplicemente un fatto ecclesiale. Non è nemmeno una questione puramente umana di chi prova affetto e simpatia per l’uomo Bergoglio la cui affabilità e schiettezza sono note.

Quella finestra chiusa fa sentire la mancanza di una parola che ora sarebbe preziosa. Fa percepire ancora di più il bisogno di una parola diversa, che aiuti ad interpretare i tempi disorientanti che stiamo attraversando.

Non mi riferisco tanto (o solo) al futuro della Chiesa, disturbato dal mormorio fastidioso degli sciacalli che speculano sulla salute del Papa e si augurano cambiamenti verticali e profondi. Penso soprattutto al quadro geopolitico dentro al quale ci troviamo, in cui i punti di riferimento che, nel bene e nel male, hanno segnato la nostra recentissima storia appaiono completamente stravolti.

Che dire, infatti, del rapporto tra Stati Uniti ed Europa, considerato fino a ieri – forse anche con una certa dose di retorica – come un’alleanza solida ed un avamposto di libertà per il mondo? Dopo tutto quello che è accaduto in questi ultimi giorni, si può ancora parlare di “alleanza atlantica”? Quello che sta attuando Trump è semplicemente un grande “bluff”, con l’unico obiettivo di rilanciare l’economia americana? Che cosa direbbe papa Francesco di una politica completamente asservita all’economia (ed alla finanza)? L’Europa – è evidente – si ritrova stranita e in grande difficoltà a trovare una propria posizione, divisa com’è al suo interno da tensioni di matrice politica e da interessi da carattere nazionale. Forse questa potrebbe essere l’ora per un rilancio dell’Unione europea, costretta dagli eventi della storia a diventare finalmente “maggiorenne”, non più succube dell’(ex) alleato americano? Ci vorrebbero, però, delle autentiche personalità per farlo…

Sono fonte di grande preoccupazione anche gli altri scenari che si vanno delineando nel mondo. In Ucraina, abbandonata, tradita e costretta ad una pace ritenuta da altri “ragionevole”. Preoccupa anche quanto sta avvenendo in Palestina, segnata da una tensione crescente tra Hamas e Israele (che dire del video realizzato dalla Casa Bianca su Gaza trasformata in una riviera turistica per ricchi?). Preoccupa Taiwan, dove continua un pericoloso tiro alla fune con la Cina, considerata ora dagli Stati Uniti come il vero pericolo mondiale (e non più la Russia di Putin)...

Quella finestra chiusa fa sentire il desiderio di una parola che faccia guardare al futuro con speranza, e ci ricordi che siamo chiamati a riconoscerci gli uni gli altri non nemici, avversari o concorrenti ma “fratelli tutti”. Parole che papa Francesco, in verità, ci ha detto e ripetuto tante volte. Bisognerebbe decidersi, una buona volta, ad ascoltarle.