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I rischi dell’iperprotezione

Il rapporto genitori-scuola.

I rischi dell’iperprotezione

Sempre più spesso negli ultimi tempi il ruolo dei genitori è andato ad interferire con quello degli insegnanti. Mi spiego meglio. L’attenzione, eccessivamente zelante e protettiva, della famiglia nei confronti dei propri figli-studenti ha finito per mettere in discussione l’autorevolezza e il ruolo educativo dei docenti. Ovvio che la protesta o addirittura la contestazione ci può stare nel momento in cui si verifica una clamorosa incapacità del docente nello svolgere la  sua professione, e dunque nell’interpretare quel ruolo di educatore tanto decisivo nella “sgarruppata” società in cui viviamo. Ma si dovrebbe trattare di casi limite. E invece sempre più frequentemente, e a prescindere, il genitore, piuttosto che fungere da collaboratore e da ponte con le istituzioni scolastiche, si mette di traverso diventando di fatto un ostacolo.

Ora molti di noi sono insegnanti e contemporaneamente genitori e quindi si rendono conto che qualcosa non funziona. Per intenderci, una volta, ma non troppo distante nel tempo, se uno studente veniva rimproverato da un insegnante, quando tornava a casa si prendeva in aggiunta anche i rimbrotti della famiglia che rincarava la dose. Più recentemente, il ruolo protettivo, anzi iperprotettivo, della famiglia tende a giustificare il proprio figlio anche di fronte all’evidenza dei fatti, chiamasi disimpegno, maleducazione, leggerezza. Studi appena usciti ci dicono che nella sconfitta a scuola del proprio figlio (brutto voto, nota, condotta) i genitori si sentono messi in discussione, come se il richiamo disciplinare o il brutto voto fosse un rimprovero nei loro confronti. 

Tranquilli, genitori! L’insegnante non intende criminalizzare nessuno, solo chiedere a suo modo la vostra collaborazione. Da quando la scuola ha determinato un rapporto tra offerta di servizio e cliente che ne usufruisce, la famiglia, come spetta legittimamente al cliente, vuole avere sempre ragione. Ma questa, ricordiamocelo, è la logica del consumo, non del rapporto educativo. Fioriscono gruppi Whatsapp in cui i genitori si scatenano contro questo o quell’altro docente, invece di capire che per fare il bene dei loro figli è fondamentale accettare che essi vengano messi in crisi se si vuole che crescano. Dai loro fallimenti, i figli rinasceranno più forti, dunque non incrinare l’autorevolezza dei docenti diviene un obbligo irrinunciabile per i genitori, salvo come dicevo i casi limite. Non cerchiamo alibi, perché le regole esistono per dare loro un’opportunità. 

Qualche settimana fa è uscito un volume della psicologa R. Harris dal titolo accattivante: “Non è colpa dei genitori”. Il saggio sostiene che la crescita dei figli non dipende necessariamente dall’educazione impartita ma dal contesto sociale o addirittura dal codice genetico di ciascuno. Attenzione però a non fraintendere il compito dei genitori. Assolti sì, ma fino ad un certo punto. Ogni genitore forma o deforma i propri figli fin dalla loro nascita, ma soprattutto i suoi insegnamenti resteranno per sempre, quasi una sorta di imprinting. Lo sappiamo che la personalità di ogni individuo si struttura nel periodo da 0 a 3 anni e che il ruolo dei genitori risulta fondamentale. I genitori sono serviti e servono tutt’oggi, e ancora non si è trovato un sostituto al loro ruolo. Ecco perché è importante non addolcire troppo la crescita dei nostri figli, il cui destino e successo è nelle mani preziose di mamma e papà.

Prof. Dino Benacchio

Istituto Cerletti, Conegliano

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