Il Papa: “Non basta l’osservanza della legge per farci buoni cristiani”
Durante l’Angelus, Francesco mette in guardia dal rischio delle controtestimonianze di chi si dice “molto cattolico” ma poi “trascura la famiglia” o “parla male degli altri”
Un cuore puro e libero da ogni ipocrisia, durezza o orgoglio. È questa la preghiera elevata da papa Francesco durante l’Angelus di ieri in piazza San Pietro, durante la quale il Pontefice ha meditato sul Vangelo odierno (Mc 7,3), in cui Gesù disputa con i farisei e gli scribi sul valore della “tradizioni degli antichi”.
Rifacendosi ad Isaia, Gesù definisce tali tradizioni “precetti di uomini” (v. 7) che non devono prendere il posto del “comandamento di Dio” (v. 8). “Le antiche prescrizioni in questione – ha ricordato Bergoglio - comprendevano non solo i precetti di Dio rivelati a Mosè, ma una serie di dettami che specificavano le indicazioni della legge mosaica”.
Farisei e scribi “applicavano tali norme in modo assai scrupoloso e le presentavano come espressione di autentica religiosità”, quindi rimproverano a Gesù e ai suoi discepoli la trasgressione delle medesime norme, “in particolare di quelle riferite alla purificazione esteriore del corpo (cfr v. 5)”.
La risposta di Gesù ha però un tono “profetico”: “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini” (v. 8). Ascoltando queste parole, ha commentato il Papa, ci ricolmiamo di “ammirazione per il nostro Maestro”, percependo in Lui la “verità” e la “sapienza ci libera dai pregiudizi”.
Si tratta di un Vangelo, ha osservato il Santo Padre, che “vuole mettere in guardia anche noi, oggi, dal ritenere che l’osservanza esteriore della legge sia sufficiente per essere dei buoni cristiani”.
Non basta, quindi, fare come i farisei e “considerarci a posto o migliori degli altri per il solo fatto di osservare delle regole, delle usanze, anche se non amiamo il prossimo, siamo duri di cuore e orgogliosi”.
Francesco ha quindi definito “sterile” la “osservanza letterale dei precetti”, se non è accompagnata da un cambiamento del cuore e da “atteggiamenti concreti” come “aprirsi all’incontro con Dio e alla sua Parola, ricercare la giustizia e la pace, soccorrere i poveri, i deboli, gli oppressi”.
“Tutti sappiamo - ha aggiunto a braccio - nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie, nei nostri quartieri, quanto male fanno alla Chiesa e danno scandalo quelle persone che si dicono 'molto cattoliche' e vanno spesso in chiesa ma dopo, nella loro vita quotidiana, trascurano la famiglia, parlano male degli altri e così via. Questo è quello che Gesù condanna, perché questa è una contro-testimonianza cristiana!”.
Nello stesso Vangelo, Gesù afferma: “Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro” (v. 15).
Ciò significa, ha spiegato il Papa, che c’è un “primato dell’interiorità” e che “è il cuore che esprime le nostre intenzioni, le nostre scelte e il desiderio di fare tutto per amore di Dio”, mentre non sono i nostri “atteggiamenti esteriori” che ci fanno santi o non santi.
“La frontiera tra bene e male non passa fuori di noi ma piuttosto dentro di noi, nella nostra coscienza – ha detto il Pontefice -. Pertanto, è il cuore che dev’essere purificato e convertirsi”, altrimenti “non si possono avere mani veramente pulite e labbra che pronunciano parole sincere di amore, di misericordia, di perdono”.
In conclusione, il Santo Padre ha chiesto l’intercessione di Maria, perché il Signore ci doni “un cuore puro, libero da ogni ipocrisia, così che siamo capaci di vivere secondo lo spirito della legge e giungere al suo fine, che è l’amore”.
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