Il giornale del 9 aprile. Edizione digitale.
Nei luoghi della Fede un turismo diverso.
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I luoghi di fede, le opere di arte sacra, i siti legati alla vita e alle opere dei santi sono sempre stati motivo di richiamo e attrazione, per i credenti e non solo per essi. Da quando il turismo si è sviluppato diventando un settore economico interessante e redditizio, è stata individuata una specifica branca – quella del “turismo religioso” – che incrocia interessi diversi, materiali e spirituali, riguardo ai quali occorre prestare attenzione per evitare confusioni tra sacro e profano e anche per valorizzarne le potenzialità “buone”. Per comprendere meglio quali siano tali potenzialità abbiamo interpellato uno dei relatori al convegno sul turismo religioso in programma venerdì 7 aprile a Pieve di Soligo: don Gianmatteo Caputo, direttore dell’Ufficio per la pastorale del turismo e beni culturali del patriarcato di Venezia e incaricato della Conferenza episcopale triveneta per il beni culturali e l’edilizia. Don Caputo, quando si parla di turismo religioso cosa si intende? «La definizione di “turismo religioso” rischia di presentarsi con qualche ambiguità interpretativa: c’è chi la intende riferita a tutto ciò che ha come mèta luoghi della fede; chi la vede legata solo ai pellegrinaggi; chi invece dà un’accezione più ampia, come esperienza di visita e di fruizione dei luoghi, ma non strettamente legata alla dimensione religiosa.
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