LAVORO: tra i 15 e 64 anni -838 mila persone attive dal 2018 al 2021
Indagine della Fondazione Consulenti del Lavoro
Intervenire sulle tante variabili del mercato del lavoro per coglierne le spinte trasformative e superare il divario crescente tra domanda e offerta di lavoro. In tempi rapidi, perché è alto il rischio che entro quattro anni la difficoltà delle aziende nel rintracciare i profili
necessari per la propria attività diventi critica e che a fronte di un fabbisogno di circa 4,3 milioni di lavoratori, restino disattese 1 milione e 350mila ricerche di personale per assenza di candidati. Ad evidenziarlo le stime dell’indagine “Il lavoro che c’è, i lavoratori che non ci sono”, realizzata dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro e presentata all’Università di Bologna, nella conferenza stampa della XIII edizione del Festival del Lavoro, organizzata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e dalla Fondazione Studi a Bologna dal 23 al 25 giugno. Complesso rintracciare i motivi di questa tendenza, che sta diventando allerta alla vigilia della stagione estiva nei comparti a più alta stagionalità come le attività ricettive e la ristorazione.
Il calo dell’offerta di lavoro (-838mila persone attive di 15-64 anni tra 2018 e 2021), dovuta allo sfavorevole quadro demografico (636mila residenti in meno tra 2018 e 2021, di cui 262mila giovani), ma anche alla crescita degli inattivi (+194mila nello stesso periodo), interessa anche le componenti della popolazione tradizionalmente più dinamiche, come gli immigrati (14,4% di inattivi in più).
Il dossier passa poi in rassegna il mismatch esistente in Italia tra offerta e domanda di formazione e fornisce un quadro dei fabbisogni occupazionali e professionali a medio termine: il disallineamento più forte è nell’istruzione terziaria, in cui il gap più importante si registra nell’indirizzo giuridico-politico sociale dove mancherebbero ogni anno circa 12mila laureati, seguito dall’area economico statistica (11mila in meno del necessario), ingegneria (quasi 9mila) e dall’indirizzo medico sanitario (8mila circa). Tra i motivi del fenomeno, secondo la ricerca, rientrerebbe anche l’accresciuta mobilità delle persone, trasversale tra generazioni e settori d’occupazione e in parte collegata agli effetti della pandemia sulla vita delle persone. Lavoratori che cercano un nuovo lavoro per un miglioramento retributivo (52,5%) o per un maggiore benessere ed equilibrio tra vita personale e lavorativa (49%).
Non irrilevante il fatto che l’accresciuta richiesta di profili specialistici nei settori in crescita, edilizia e sanità in primis per assunzioni e dimissioni, ne faccia aumentare la concorrenzialità. Senza dimenticare il problema strutturale legato a carenza e bassa specializzazione dei soggetti deputati all’intermediazione.
(comunicato stampa)
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