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LITURGIA: il commento alla Parola di domenica 13 agosto

A cura di don Giorgio Maschio

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LITURGIA: il commento alla Parola di domenica 13 agosto

Domenica 13 agosto - XIX del Tempo Ordinario - Anno A

1 Re 19,9.11-13; Sal.84; Rm 9, 1-5; Mt 14, 22-33 

Prima e dopo il grande segno della moltiplicazione dei pani, Gesù prega il Padre: sono lunghi tempi di preghiera solitaria. È una preghiera tutta personale, uno stare a tu per tu con il Padre, del quale Gesù mostra di avere assoluto bisogno: lui che ben conosceva le preghiere liturgiche al tempio e quelle pubbliche prescritte al suo popolo. Possiamo pensare che proprio per la sua preghiera sia dato alle folle di entrare più profondamente nell’evento miracoloso e di coglierne o almeno intuire il mistero di Gesù. E, sempre per la sua preghiera, pensiamo che le tentazioni alle quali sottopone i discepoli si risolvano in una crescita nella fede.

L’episodio della nave in burrasca e della venuta di Gesù camminando sul mare corre anch’esso sul filo della preghiera, dove il protagonista diventa Pietro e il suo temperamento, impulsivo e umile al tempo stesso. “Era ben consapevole che non avrebbe potuto camminare sul mare, perché sarebbe stato contro la sua natura, salvo che non gli venisse comandato da Cristo, Signore di tutte le cose create. Inizialmente Pietro era sostenuto dal timone della propria fede. Ma fu preso da timore, quando le onde sembravano volerlo inghiottire, ed era segno della debolezza tutta umana. Supplicò l’aiuto dal Cristo, segno di una fede cristallina: imparò a non montare in superbia, ritenendosi uguale al suo Signore e comprese che egli è sempre vicino a quelli che fanno ricorso a lui, per scamparli dal pericolo del naufragio e della morte” (Cromazio di Aquileia).

A noi, il primo degli apostoli dà testimonianza di un grande amore per Cristo, che lo spinge a volergli stare sempre accanto, anche sottovalutando le proprie forze; ma più ancora offre l’esempio con l’umile grido di aiuto a lui rivolto, riconoscendo i propri errori. In lui ci possiamo facilmente riconoscere.

Nella Tradizione troviamo anche la lettura più profonda dell’episodio, che cerca il mistero nascosto. Quella nave rappresenta la Chiesa e la tempesta l’assalto delle forze ostili. Nel vento contrario è facile vedere lo spirito del mondo, apparentemente inafferrabile che sembra tutto travolgere. Ma è Gesù stesso a volere questa prova non per la folla, ma proprio per i suoi, per quelli a lui più vicini. Dice il testo: “li costrinse” a salire sulla barca, per la traversata rischiosa. Per la Chiesa è dunque necessario affrontare le prove al fine di giungere alla vittoria sulle forze avverse. Proprio in questi momenti il Signore le viene incontro: “La troverà stanca e circondata dallo spirito dell’Anticristo e da tutte le agitazioni del mondo; verrà al colmo delle ansietà e dei tormenti. E poiché i discepoli saranno divenuti inquieti di fronte a ogni nuova specie di tentazione, si spaventeranno anche alla venuta del Signore, temendo le false immagini della realtà e le finzioni in ciò che vedono. Ma il Signore parlerà loro e scaccerà la paura: ‘Sono io’, dirà, dissipando con la fede in lui il minaccioso naufragio” (Ilario di Poitiers).

Per i Padri come Ilario che combattevano l’eresia ariana, è Anticristo chiunque neghi la divinità di Cristo e lo ponga tra le creature: immancabilmente costoro si fanno nemici della pace e dell’unità, fautori di divisione e di discordia. Se Cristo non è Dio, il grido a lui per essere salvati dal naufragio è senza risposta e l'uomo, nelle prove, senza scampo affonda.  

Don Giorgio Maschio

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