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CHIESA ITALIANA: la prolusione del card. Zuppi al Consiglio della Cei

Zuppi: "La Chiesa del post-pandemia e del Cammino sinodale si configura sempre più chiaramente come una Chiesa missionaria"

Parole chiave: Italia (19), Zuppi (2), chiesa (31), Sinodo (4), Cei (10), vescovi (13)
CHIESA ITALIANA: la prolusione del card. Zuppi al Consiglio della Cei

“Riconoscere con sincerità le difficoltà ecclesiali e sociali, credendo, però, che siamo vicini ad una nuova primavera della Chiesa, aprendo nuove e coraggiose prospettive di futuro”. Questa la direzione indicata dal card. Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella sua introduzione al Consiglio permanente in corso in questi giorni a Roma. “Occorre passione, visione profetica, libertà evangelica e intelligenza della comunione, generosa responsabilità e gratuità nel servizio - ha proseguito il cardinale -. La sinodalità è tutt’altro che rinuncia o omologazione al ribasso”.

Zuppi ha ripreso la metafora dell’inverno “per individuare alcune fragilità e sofferenze del nostro tempo e della nostra gente: inverno dell’ambiente, della società, dei divari territoriali, della denatalità, dell’educazione. Inverno secondo alcuni irreversibile”. Di qui la necessità di apprendere uno “sguardo dal basso”, per “commuoversi e farsi carico delle fatiche dei più poveri”, ma anche di impegnarsi in uno “sguardo lungo”, per “costruire con generosità e intelligenza, pensando al dopo di noi, per comunicare la speranza cristiana che con fiducia pensa che tutto possa cambiare e il deserto fiorire. Credo che questa sia la nostra prospettiva odierna”.

La pandemia ha fatto affiorare alcune debolezze ecclesiali più o meno latenti”, secondo Zuppi. “Considerando la stagione della pandemia dobbiamo evitare che il ricorso alla comunicazione digitale, così importante durante l’isolamento, sostituisca la presenza e diventi funzionale all’individualismo e alla patologia della paura”. Al contrario, è urgente “nutrire una cultura cristiana, che dia significato e forma alla parola ‘insieme’”, perché, come dice il Papa, “è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi”. Quella della pandemia, in sintesi, “è stata la stagione dei ‘santi della porta accanto’”, preti e laici che “hanno di fatto reinventato una pastorale fuori dagli abituali confini fisici e mentali delle parrocchie, mostrando tanta solidarietà, prossimità, amore gratuito”.

“Come non ricordare l’ultima tragedia che ha coinvolto profughi, che non hanno trovato chi custodiva la loro vita?”. Così il presidente della Cei si è riferito alla tragedia di Cutro. “Ringrazio di cuore quanti si sono prodigati in loro aiuto, manifestazione di tanta umanità e la Chiesa di Crotone che ha mostrato il volto di madre della nostra Chiesa”, l’omaggio del cardinale, che ha poi rinnovato l’appello rivolto da Matera “ai politici, ma per certi versi a tutti e che indicava alcune preoccupazioni che chiedono di trovare risposte certe, non provvisorie, precarie, sempre parziali: le povertà in aumento costante e preoccupante, l’inverno demografico, i divari tra i territori, la transizione ecologica e la crisi energetica, la difesa dei posti di lavoro, soprattutto per i giovani, i migranti, il superamento delle lungaggini burocratiche, le riforme dell’espressione democratica dello Stato e della legge elettorale. È davvero per tutti tempo di scelte coraggiose e non di opportunismi”.

“Quanti si sono coinvolti in questo cammino – ha detto poi, riferendosi al cammino sinodale – ci raccontano la soddisfazione del percorso fatto insieme, che sta educando progressivamente tutti i protagonisti a uno stile spirituale e pastorale nuovo”. “Le Chiese - ha affermato ancora - hanno dato voce ad una pluralità di soggetti che mi pare la premessa migliore per giungere preparati quando sarà tempo di prendere le necessarie e coraggiose decisioni evangeliche, che coinvolgeranno tutti ai vari livelli, dalle singole Chiese locali, alle Regioni ecclesiastiche, alla Chiesa in Italia nella sua unitarietà e alla Cei stessa. Penso necessario che non si perda lo slancio di vitalità e creatività, che nel tempo della pandemia ha generato pratiche pastorali nuove nelle forme e nei contenuti”.

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