Don Walter Gatti: con due parrocchie non c'è neppure il tempo per star male!
Riflessione del parroco di Bocca di Strada e Santa Maria del Piave all'assemblea del clero.
All'ultima assemblea del clero alcuni sacerdoti, su invito del vescovo Corrado, hanno proposto una riflessione sul loro essere sacerdoti e, in particolare, parroci. Ecco l'intervento di don Walter Gatti.
Premessa: era una giornata come tante altre caratterizzata dal via vai in canonica per le diverse richieste di carte, chiarificazioni e scelte pastorali. Squilla il telefono… il Vescovo mi chiede una qualche disponibilità per la quale, senza capire bene di preciso cosa, confermo di fare del mio meglio. Quando, il giorno dopo, mi è arrivata la mail con tutte le precisazioni… ho pensato che sarebbe stato meglio se non rispondevo al telefono! Avevo ipotizzato anche di darmi per malato oggi, ma non conosco neanche chi sia il mio medico!!! Con due parrocchie non ho neanche il tempo di star male! Mi sono soffermato sul primo ambito, anche perché una vita bella del prete diventa di per sé proposta vocazionale.
La prima cosa che vorrei condividere è strettamente di riflessione personale: la mia formazione sacerdotale è in vista di un servizio alla parrocchia per la quale mi spendo anima e corpo (o anche due, visto che ho iniziato la mia esperienza di parroco iniziando con due parrocchie)!!! Io prete diocesano di Vittorio Veneto ho maturato la mia vocazione per un servizio alla parrocchia! E questo è un dato di fatto (prima di entrare in Seminario, avevo gravitato dai frati francescani).
Comprendo che oggi le esigenze sono ben diverse ma non basta accorpare le parrocchie e dire che occorre valorizzare le relazioni con Dio e con gli altri mentre devo provvedere alle risposte primarie delle parrocchie che si moltiplicano. Penso sia prezioso avere spazio e tempo per recuperare o rafforzare il nostro essere ministri innamorati di Gesù Cristo, della cura sacramentale e delle vocazioni aperti ai disegni di Dio che sempre ci sorprende e ci anticipa.
Da anni si dice di lavorare insieme, di fare delle scelte… ma non ci è chiaro concretamente come e dove. Quando uno ci prova viene additato come “stravagante”. In me, e penso anche in tutti, non mancano i buoni propositi che poi vengono calpestati e accantonati da ciò che bisogna fare! Diventa frustrante vivere in questo modo.
Urge maturare delle scelte non frutto dell’iniziativa del singolo né tanto meno legate alla presenza di tal parroco! Scelte e linee di fondo devono essere garantite anche con il cambio di parroco! Magari non sarebbe male che il progetto o le linee siano seguite prevedendo tappe di verifica e di aggiustamento.
In diocesi è attivata la procedura di seguire passo il cammino di alcune Equipe delle Unità Pastorali e questo mi sembra molto positivo. Meglio sarebbe se si riuscisse a darne struttura solida e diffusa a questo accompagnamento. (A suo tempo si era iniziato una cosa simile per accompagnare chi aveva due o più parrocchie e poi si è perso questa modalità).
Così come anche il fatto di trovare del tempo e dei momenti di incontro tra i parroci della stessa unità non dovrebbe solo essere un invito, ma dovremmo essere aiutati a viverlo pur nel rispetto della sensibilità personale!
Alcuni riescono a trovarsi con frequenza e penso sia positivo. Forse sarebbe bene istituire il giovedì mensile della congrega dell’Unità! Sono convinto che abbiamo bisogno non solo di programmare, ma anche e soprattutto abbiamo bisogno di stare insieme per conoscerci e fraternizzare.
Un’altra riflessione è sul fatto che non penso ci sia un modo giusto in assoluto, in quanto ci sono troppe varianti: le parrocchie sono diverse sia per sensibilità, sia per formazione sia per costituzione, sia per attitudini… e poi ci sono io, i parroci!!! Se poi mettiamo insieme le parrocchie in unità le diversità aumentano e si moltiplicano. Non si tratta di avere la soluzione a tutti i problemi, ma linee chiare di riferimento dentro le quali muoversi e confrontarsi.
Lo stare insieme, il collaborare, sostenersi reciprocamente non nasce da una esigenza esterna, deve maturare dentro un cammino che chiede tempo, esperienze, a volte anche insuccessi e ripartenze… ma forse non siamo stati abituati a metterci in gioco in questo modo.
Lavorare insieme è impegnativo, questo non vuol dire che non sono disposto a sporcarmi le mani, anzi... Se è chiara la meta, la strada e il progetto è serio, sono disposto a mettermi in gioco. Se invece mi lasciate libera scelta, vado dove mi porta il cuore!
Quando si parla di Unità Pastorale e la necessità di dover fare scelte perché i numeri non ci lasciano scampo, mi viene in mente la storia di Pierino e il lupo! Chiamare tante volte “al lupo” per scherzo o inutilmente. Ne consegue che quando ce ne sarà veramente bisogno l’aiuto non ci sarà.
In altre parole, sono più di 20 anni che ci dicono che non ci sono preti e che avremo tante parrocchie da badare, ma di fatto io ho ancora due parrocchie come 20 anni fa!! Più che tanto allarmismo, servono delle scelte concrete.
Pastorale vocazionale
Personalmente ritengo preziosa la testimonianza e la proposta diretta: come nel passato quando l’incaricato per le vocazioni passava nelle parrocchie, magari accompagnato da un seminarista, e la proposta diventava esplicita con l’invito a condividere qualche esperienza (immagino che tanti di noi hanno seguito questo iter). Emotivamente parlando, lo sappiamo bene che uno che viene da fuori può dire le solite cose, ma sono “nuove e belle”. Allo stesso tempo ho la convinzione che per dialogare con i giovani occorre stare insieme, condividere delle esperienze, spendere del tempo anche per cose che possono sembrare “banali”.
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