Editoriale
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A PROPOSITO DI “TIMOR DI DIO” E MISERICORDIA

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga.

A PROPOSITO DI “TIMOR DI DIO” E MISERICORDIA

"Un vero peccato...": si intitola così il video di un noto “influencer” di casa nostra, Nicola Canal, da Farra di Soligo, che è ben presto diventato virale sul web e ha ottenuto numerosi consensi (anche di qualche prete). Nei pochi minuti del video, il giovane farrese racconta di aver partecipato recentemente ad alcuni funerali e di essere rimasto colpito almeno da due aspetti sui quali – a sua detta – la predica del sacerdote ha indugiato un po’ troppo: l’insistenza sui peccati e la presentazione di un’immagine di Dio che infonde timore. Ora è chiaro che la realtà del peccato è un dato di rivelazione, che ci viene dritto dritto dalla Bibbia e di cui Gesù stesso parla: pertanto, non è un aspetto eliminabile dal cristianesimo, pena lo smarrimento della sua essenza. E, allo stesso modo, vi è nella fede cristiana un certo “timor di Dio”, che potremmo tradurre come riconoscimento del fatto che solo Dio è il Creatore e il Signore: tale timore, tuttavia, va compreso alla luce dell’amore, vera essenza dell’identità del Dio cristiano. A mio avviso, le raccomandazioni del giovane “youtuber” sono in gran parte ormai “patrimonio” della predicazione comune dei nostri parroci. Forse qualcuno potrebbe quasi dire il contrario e cioè che si parli oggi fin troppo poco del “peccato” e ancora meno del “timor di Dio” (come alcuni cattolici non mancano di rimproverarci)! In ogni caso, il fatto che la fede cristiana, nel momento della morte, debba insistere sulla dimensione del perdono, più che sul peccato, e sulla verità dell’amore di Dio, più che su sentimenti di paura, mi trova fondamentalmente d’accordo.

Ancora, come suggerisce “Il Canal”, è vero che nella maggior parte dei casi accompagniamo al campo santo persone che “hanno fatto meglio che hanno potuto” (parole sue). L’espressione non deve essere presa in un senso restrittivo o svalutante, ma in quello più ampio e bello: “Ce l’hanno messa tutta per dare il meglio di sé”. A volte con esiti esemplari e edificanti. Altre volte, in mezzo a contraddizioni e fragilità, non riuscendo a raggiungere appieno il vero obiettivo. Per questo, alla fine della vita, è bene essere misericordiosi e imparare da Dio e dal suo sguardo benevolo e riconciliante. Noi al loro posto cosa avremmo fatto? Avremmo fatto meglio? E che dire del clima mesto che si respira in questi momenti? Durante i funerali sembrano non trasparire mai sentimenti di gioia: cosa comprensibile, in realtà, perché – soprattutto quando si tratta di una persona cara – si sente tutto il dolore, a volte lacerante, del distacco e dell’assenza di chi si è amato. Tuttavia, se crediamo alla resurrezione, un po’ di conforto e un po’ di gioia dovrebbero venirci in soccorso, grazie alla fede in un Dio che accoglie i suoi figli, soprattutto nel momento della morte. Come il padre misericordioso accoglie il figlio prodigo con una “grande festa”, così dovremmo attenderci e sperare che accolga in festa anche i nostri cari che varcano la soglia di questa vita. Considerazioni rapsodiche e parziali, queste, a margine di un semplice video (piccola testimonianza che sul web ci sono anche cose interessati e utili, non solo “odio social”). Uno spunto che può essere d’aiuto per entrare nel clima di questi giorni, in cui la liturgia ci invita a commemorare tutti i nostri fratelli defunti (il 2 novembre) e, prima, a celebrare con solennità tutti i Santi. E qui sì, senza alcun dubbio, siamo sicuri che esplode la gioia e la “festa grande” del Padre che si compiace, nel Paradiso, di tutti questi figli che hanno vissuto la propria esistenza lasciandosi illuminare dal suo amore.

Alessio Magoga

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