Editoriale
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E io cosa avrei fatto?

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga.

E io cosa avrei fatto?

Un’auto sbanda, esce di strada e va sbattere violentemente. La giovane al volante, gravemente ferita, rimane intrappolata. Poco a poco delle macchine cominciano a fermarsi e chiamano i soccorsi. Tutti però si tengono a debita distanza. Nessuno si avvicina per vedere se si possa fare qualcosa alla malcapitata, bloccata tra le lamiere e in gravi condizioni. Solo una persona, dopo interminabili minuti, prende coraggio e – non potendo fare altro – le tiene la mano e le dice parole rassicuranti, in attesa che arrivino i pompieri e l’ambulanza.

Un altro caso: in pieno giorno e in un luogo affollato, un uomo visibilmente alterato senza apparenti motivi infierisce con violenza contro la sua compagna, nel disinteresse generale. Una donna assiste alla scena, si fa coraggio e chiama la polizia che, arrivando prontamente, risolve la situazione. Non si tratta di episodi accaduti chissà dove o chissà quando ma nel nostro territorio, non molto tempo fa. Episodi di ordinaria indifferenza, per paura di intervenire e compromettersi… Forse ci siamo indignati anche noi sentendo la storia di Sara: quella ragazza di Roma, uccisa qualche giorno fa dal suo excompagno, che si sarebbe potuta salvare, se le macchine cui aveva disperatamente chiesto aiuto si fossero fermate. Nessuno lo ha fatto e lei è rimasta sola, in balìa del suo assassino.

Sembra drammaticamente vero quanto canta Niccolò Fabi in una sua recente canzone: “Ha perso la città, ha perso un sogno: abbiamo perso il fiato per parlarci... ha perso la comunità: abbiamo perso la voglia di aiutarci”. E noi che cosa avremmo fatto se ci fossimo trovati in una situazione del genere? Ci saremmo fermati alle quattro di notte in una strada buia della periferia di una grande città o avremmo tirato dritto? Nel caso dell’auto incidentata, avremmo tenuto la mano alla ragazza o ci saremmo tenuti anche noi a distanza per non coinvolgerci troppo? E, nel caso dell’uomo violento, avremmo preso le difese della donna o avremmo fatto finta di nulla dicendoci che, in realtà, “non sono fatti nostri”?

La vita è complessa – è vero – e noi non sappiamo “a priori” come ci saremmo comportati. Questo ci chiede di evitare facili giudizi sugli altri, certo. Tuttavia, al tempo stesso ci domanda di lasciarci “trafiggere il cuore” dalla fiacchezza d’animo e dalla pusillanimità di quelli che tirano dritto e fan finta di nulla. La loro colpevole ignavia può essere la nostra. La loro banale freddezza può mettere radice in noi, in ogni momento. Sì, dobbiamo lasciarci “trafiggere il cuore” da episodi come questi, perché è questo dolore – o questa contrizione per usare un termine un po’ fuori moda – che ci può tenere svegli, desti, attenti e ci provoca ad essere pronti ad assumerci la responsabilità di quello che accade attorno a noi: pronti a fare qualcosa. Estote parati – “siate pronti” – direbbe qualcuno!

Che cosa non va, allora, in questo mondo? «Non va – risponde don Luigi Verdi della “Fraternità di Romena” – il nostro chiudere gli occhi per non sentirseli bruciare dalle lacrime di chi piange; l’adattarci ad ogni orrore pur di non scomodarci. Non va ogni atteggiamento di comodo, il pensare che il non assumersi la responsabilità sia il modo migliore per non sentirsi mai colpevoli e per toglierci il tormento di scegliere. La responsabilità ci chiede invece di stare presso di noi, di vivere dentro la realtà senza fuggire, di non cercare alibi, di non scaricare le colpe». Non va il “tirar dritto”. Non va augurare la morte a “quelli dei barconi”, perché vengono a scomodarci e a crearci problemi. Non è cristiano. In realtà, non è nemmeno umano.

Certo, c’è anche un rovescio della medaglia. Quello della persona che ha tenuto la mano all’incidentata, intrappolata nell’auto, o quello della donna che ha chiamato prontamente la polizia. Queste persone ci testimoniano che una decisione diversa e una scelta responsabile sono possibili. Ci sono gesti di “ordinario coraggio” e di “normale prossimità” che ci imbarazzano, ci svergognano e soprattutto ci chiedono di fare altrettanto. E io che cosa avrei fatto? Da che parte voglio stare?

Alessio Magoga

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