La vera fede
La riflessione sulla Parola di Dio domenicale.
Domenica 26 maggio - VI di Pasqua - anno C - seconda settimana del Salterio - colore liturgico bianco At 15, 1-2. 22-29; Sal 66; Ap 21, 10-14. 22-23; Gv 14, 23-29 Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti
Se ti ritieni credente, oggi il vangelo ti invita a scavare più a fondo nella tua fede per provarne la sostanza. Il contesto è la lunga e appassionata conversazione di Gesù con i suoi apostoli durante l’ultima cena, circostanza che dà alle sue parole un peso tutto particolare. Ad un certo momento Gesù afferma: “Se uno mi ama osserverà la mia parola”. La fede vera è un rapporto affettuoso, una intima comunione di vita con Dio. La fede non è soltanto sentirsi dentro ad una tradizione dipendente dal luogo e dalla famiglia in cui si è nati, è, invece, decisione personale di adesione a Gesù Cristo per la misteriosa forza della grazia che ci attira a lui e attraverso di lui al Padre. Un rapporto del genere comporta l’accoglienza S della sua parola e la conformazione ad essa della propria vita. La sua parola è ciò che si trova nella Sacra Scrittura e che il credente deve accostare personalmente. Spesso dalle persone di una certa età si sente dire: cerco di essere un buon cristiano e faccio quello che i miei genitori mi hanno insegnato. È una indicazione di vita troppo incerta, oggi, poi, del tutto insufficiente perché si è bombardati da troppe altre parole, ben più forti di quelle trasmesse dall’educazione familiare. È necessario un ascolto diretto della parola di Dio, incominciando da quella che sentiamo nella messa, che spesso è solo l’ascolto di una recitazione non capìta né accolta. La parola di Dio deve essere meditata e poi fatta oggetto di decisione. Allora si realizza ciò che Gesù indica come conseguenza dell’amore e dell’osservanza: “Il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. È la situazione di vita del credente difficilmente esprimibile a parole. Gesù la precisa indicando i due doni che porta con sé questo dimorare di Dio nel credente: lo Spirito Santo e la pace. Lo Spirito Santo è il continuatore di Gesù, in particolare di lui dice: “Vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto”. La parola di Gesù, detta tanto tempo fa e in situazioni differenti, deve essere resa parlante per l’oggi, per le nostre situazioni complesse. È lo Spirito che la attualizza, perciò dobbiamo invocare e ascoltare lo Spirito che soffia nel nostro intimo, ma anche nella comunità cui dobbiamo aderire per avere più chiaro ciò che Dio esige oggi da noi. L’altro dono è la pace. Tanto desiderata da tutti, ma spesso cercata in maniera sbagliata. Non si raggiunge diventando più forti degli altri e assoggettandoli a sé o chiudendosi in se stessi e allontanando quelli che pensiamo intrusi pericolosi o armandosi per difendere le proprie cose o non curandosi degli altri perché ci caricano di fastidi. Questa è la pace del mondo, illusoria, che rende la vita ancor più insicura e violenta. La pace di Gesù si trova nella direzione opposta. Si gode quando non si considerano gli altri come rivali e minacce da cui difendersi, ma persone da guardare negli occhi e di cui scoprire i bisogni; quando si cerca di creare relazioni di dialogo e di comprensione reciproca facendo emergere il buono che c’è in tutti; quando si risponde con il bene al male ricevuto. Lo Spirito di Gesù ci rende capaci di vivere così fugando ogni turbamento e paura e facendo germogliare in noi la sua pace.
Don Gianpietro Moret
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