Profezia: lamento o danza?
Le riflessioni sulle letture della domenica.
Si direbbe che le letture della messa di questa seconda domenica di Avvento vivono di contrasti. Nei brani biblici sono bandite le mezze misure e i toni smorzati non vi compaiono neppure alla lontana. Del resto con protagonisti come Giovanni Battista – ispido nelle sue vesti di cammello, selvatico come il miele di cui si nutriva, rude come le locuste che scricchiolavano sotto i suoi denti – le tinte intermedie non potevano più essere indicate. I contrasti compaiono già nella prima lettura nel testo di Isaia: “lupo e agnello”; “pantera e capretto”; “orsa e mucca”; “serpente e lattante”. E poi continuano nel vangelo di Matteo: “deserto e fiume”; “parola e voce”; “denuncia e proposta”; “acqua e fuoco”; S “grano e paglia”. Con tutte queste contrapposizioni si può riassumere il messaggio di questa seconda domenica di Avvento con una grande parola: “Convertitevi”. È quello che noi cristiani siamo chiamati a fare dopo un anno santo della misericordia. Giovanni Battista rimprovera gli ebrei ricorrendo a un vocabolario duro, ma teniamo presente che nel suo messaggio, accanto alla denuncia, si colloca “l’annuncio” con una incredibile forza propositiva. “Razza di vipere” sì, ma anche “Convertitevi!”.
“Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. “Il Regno dei cieli è vicino”. Sarebbe ben triste che scambiassimo la profezia con l’esercizio del brontolare cronico, dimenticando che la profezia è danza più che lamento! Certo noi non chiudiamo gli occhi di fronte alla realtà negativa del mondo: pensiamo alla terza guerra mondiale a pezzi, come la chiama papa Francesco, pensiamo alla ferocia a cui possono arrivare certe azioni criminali, ai rapimenti di persone, alla violenza alle donne, ai maltrattamenti o agli abusi sui bambini, pensiamo anche a chi sfrutta le difficoltà o la creduloneria di alcune persone: maghi, astrologi, fattucchiere… A volte sembra vivere in un mondo in cui tutti siamo disposti a sbranarsi. Questo noi lo vediamo, noi lo sappiamo! Ma non può essere solo un lamento.
Il lamento diventa danza quando tentiamo di portare frutti di conversione, partendo da noi. Anche papa Francesco denuncia la “malattia più grave del nostro tempo”: che è la “cardiosclerosi”, ossia “l’incapacità di avvicinarsi… il cuore duro”, ma con tutta forza propone la “rivoluzione della tenerezza”. Certo la conversione non è un’operazione facile né indolore. Qui si tratta di cambiare il cuore, di cambiare il modo di considerare la realtà, di staccarsi da vizi inveterati prendendo il coraggio di comportamenti inediti. Ma su questa linea ci si muove solo se, dentro, c’è la fiamma viva del desiderio. Ecco allora che “danza” è: cercare amicizie vere, disinteressate, capaci di voler bene agli altri, nel senso di ricercare il loro bene; “danza” è cercare di instaurare un clima di fiducia reciproca nei confronti del nostro prossimo. “Danza” è ancora essere affascinati da questo Dio: riconoscere la bellezza della nostra fede ed esserne contenti. Il riconoscere la bellezza di Dio è un modo concreto di preparare le vie al Signore che viene.
Don Piergiorgio Sanson
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