Va’ dietro a me!
La riflessione sulla Parola di Dio domenicale.
Domenica 3 settembre - XXII del tempo ordinario - anno A - seconda settimana del Salterio - colore liturgico verde Ger 20, 7-9; Sal 62; Rm 12, 1-2; Mt 16, 21-27 Ha sete di te, Signore, l’anima mia
E' tanto facile dire a Gesù “Tu sei il Messia, il Figlio di Dio” se questa affermazione cattura la sua amicizia. Ma se per caso il Messia, il Figlio di Dio, spezza l’incanto di un messianismo vittorioso e si dichiara disponibile solo al servizio crocifiggente, allora è chiaro che gli si grida: “Gesù, stai sbagliando tutto, Dio non lo vuole!”. Pietro, il campione della fede, rivela in questo atteggiamento la meschinità della sua fede: ha sostituito se stesso a Dio. È chiaro che Pietro, a queste condizioni, viene retrocesso dalla condizione di “fondamento” a quella di “scandalo”. Perché se Pietro testimonia il Messia di Dio entro il progetto di Dio – che mette sempre in conto anche la croce –, allora l’apostolo è “roccia” che consente ad altri di stare in piedi. Ma se Pietro propugna un Messia che non rientra nel progetto di Dio È e persegue unicamente interessi umani di salvaguardia di sé, allora diventa “sasso” che fa inciampare e cadere. “Va’ dietro a me, Satana” dice Gesù a Pietro. L’amico, colui che aveva messo come roccia per la sua Chiesa, Gesù lo chiama “Satana”. Il discepolo deve stare dietro Gesù, non davanti… io devo stare dietro Gesù, non davanti! Non devo io pretendere di piegare il Signore alla mia volontà, altrimenti sono satana. Gesù allarga a tutti noi lo stesso invito: Se qualcuno vuole venire dietro a me... e detta le condizioni. La prima: rinneghi se stesso. Rinnegare se stessi non vuol dire mortificarsi, buttare via i talenti. Gesù non vuole dei frustrati al suo seguito, ma gente dalla vita realizzata. Vuol dire invece: non sei tu il centro dell’universo; impara a non sconfinare oltre te. Rinnega il tuo egoismo. Seconda condizione: prenda la sua croce e mi segua. Una delle frasi più celebri, più citate e più fraintese del vangelo, che abbiamo interpretato come esortazione alla rassegnazione: soffri con pazienza, accetta, sopporta le inevitabili croci della vita. Ma Gesù non dice “sopporta”, dice “prendi”. Non è Dio che manda la croce. È il discepolo che la prende, attivamente. La croce nel Vangelo indica la follia di Dio, la sua lucida follia d’amore, amore fino a morirne. Sostituiamo croce con amore, ed ecco: se qualcuno vuole venire con me, prenda su di sé il giogo dell’amore, tutto l’amore di cui è capace e mi segua. Seguimi, cioè vivi una esistenza che assomigli alla mia, e troverai la vita, realizzerai pienamente la tua esistenza. L’esito finale è “trovare vita”, quella cosa che tutti gli uomini cercano, in tutti gli angoli della terra, in tutti i giorni che è dato loro di vivere: realizzare pienamente se stessi. Ma Pietro è ciascuno di noi. Anche a noi risulta difficile accettare che per salvare la nostra vita occorra rinunciare ad essa; che solo chi rinuncia ad affermare se stesso, i propri diritti, le proprie ragioni… acquista il potere non evidente della libertà e dell’amore. Di fronte allo schianto della perdita di una persona cara, al dolore di una malattia, alla ferita di un insuccesso, di un’umiliazione, di un’offesa, si sveglia in noi il fratello di Pietro, che dice al Signore che non è possibile che la strada della salvezza passi per quelle strettoie. Ma la via dell’impotenza vissuta per amore e con amore è la strada che fa risorgere il mondo. Bisogna fidarsi di Gesù: mettere i nostri piedi nelle sue orme senza pretendere di capire dove porta la strada che Lui percorre: ci basta essere dietro di Lui perché quella è la strada che ci permette di non essere satana. Don Piergiorgio Sanson
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