Il giornale del 27 luglio. Edizione digitale
Una ricchezza da non disperdere.
Cosa posso fare, cosa – soprattutto – posso far fare alla mia diocesi per le anime del mondo intero?”. Questo si chiedeva nel 1964 il vescovo Albino Luciani in una lettera inviata dal Concilio alla sua diocesi di Vittorio Veneto per la Giornata missionaria mondiale. In realtà Luciani già aveva trovato qualche risposta a questo interrogativo, inviando i primi sacerdoti diocesani “fidei donum” alle chiese di Ngozi-Muyinga in Burundi nel 1962 e di San Mateus in Brasile nel 1964. Dopo circa cinquant’anni un altro vescovo, Corrado Pizziolo, è costretto a ridurre drasticamente le collaborazioni che la diocesi vittoriese ha in atto con giovani chiese (Caetité in Brasile dal 1973 e Sarh in Ciad dal 1991). Il motivo lo si evince facilmente sfogliando l’elenco dei sacerdoti riportato nell’Annuario: rispetto ai tempi di Luciani il numero e l’età media dei preti diocesani sono radicalmente mutati. Il primo è crollato, la seconda si è impennata. «La nostra diocesi – spiega il direttore del Centro missionario don Bruno Daniel – non intende chiudere il capitolo della cooperazione missionaria, ma rilanciarlo in un futuro che speriamo non troppo lontano. Certamente la missionarietà di una Chiesa non dipende esclusivamente dall’abbondanza dei numeri. Anche una Chiesa povera di risorse deve essere missionaria. Ma non si può negare che oggi i numeri condizionano più che in passato».
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