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Dalla Sindone un messaggio d’amore

Il pellegrinaggio diocesano a Torino.

Dalla Sindone un messaggio d’amore

L'approccio alla sacra Sindone è un’esperienza profonda, diversa da tutte, un viaggio da fare almeno una volta nella vita. È il cercare un volto, il Suo volto, che per quest’unica volta non è un dipinto o una scultura abbelliti dall’interpretazione di un artista: è un tessuto che ha, impressa, l’immagine del Figlio di Dio. E molte sono le “impressioni” colte tra pensieri, riflessioni e sguardi dei partecipanti al pellegrinaggio diocesano organizzato da Caritas, Pastorale giovanile, Pastorale sociale e Ufficio missionario: tre pullman di sorrisi e condivisione, tante le estrazioni presenti, ampio il raggio di età coinvolte, molte le esperienze diverse da cui i pellegrini provenivano, ma tutti hanno deciso di riunirsi, lo scorso sabato, nella visita alla sacra Sindone a Torino.

In un’era come quella attuale, in cui non è facile guardare negli occhi il prossimo, chiusi talvolta in un grigio individualismo, o dietro lo schermo di un computer per comunicare, figuriamoci quanto sgomenti potrebbe lasciare il volto di Cristo. È proprio questa la sfida che la diocesi vittoriese ha lanciato con entusiasmo: ha deciso di far condividere agi e disagi a persone spesso sconosciute tra loro, per questa forma di stupore. La Sindone rappresenta l’immagine di Colui che ha cambiato il senso stesso dell’umanità e in questo fa scaturire, proprio da quelle piaghe, da quelle ferite inferte a Dio dall’uomo, il mistero della Resurrezione, che cambia radicalmente la prospettiva delle nostre vite.

L’attesa è stata lunga, per tutti: un’ora e mezza tra lenta camminata e coda per raccogliersi pochi minuti di fronte al sacro telo. C’è stata per tanti, forte, la sensazione di come le piaghe di Cristo vadano cercate intorno a noi: la sacra Sindone L’ è stata anticipata nel cammino da documenti, testimonianze e tanti volontari custodi del cammino, ma soprattutto è stata annunciata da chi veniva accompagnato in sedia a rotelle, dal cieco guidato a tastare con i polpastrelli la riproduzione della Sindone in rilievo. In quei momenti il messaggio universale di fede della sacra Sindone è stato rivelato, è stato concesso di capire il perché di un pellegrinaggio che porta a pochi minuti di preghiera di fronte a una reliquia millenaria, la più importante. Solo chi ha seguito da vicino questo camminare può, infatti, cogliere in quella tela consumata dai secoli il corpo martoriato, il volto di Cristo.

Bisogna riconoscere i volti nel volto, capire come le sofferenze di Gesù Cristo e la sua Resurrezione altro non sono che promessa vera di libertà eterna dal peccato per tutti noi. Con questa consapevolezza, con il messaggio più semplice che ci si potesse aspettare, da portare negli occhi e nel cuore, il pellegrinaggio diocesano non termina, va oltre quei tre minuti di preghiera e culmina nella Messa comunitaria che aspetta i pellegrini, nella casa madre dei padri della Consolata, da cui tanto bene è partito per tutto il mondo. Un gruppo alloggia qui, un altro va a completare il senso del cammino presso il Sermig, Servizio missionario giovanile, detto anche l’Arsenale della pace, movimento in tutti i sensi, ideologico, fisico e spirituale che Dio ha voluto nel quartiere più malfamato di Torino.

Da IL volto, i pellegrini vedono così tanti volti che alleviano le sofferenze dei più poveri e portano a casa l’invito ad allargare le braccia all’accoglienza di chiunque chieda loro affido, a diventare – a loro volta – volti che sprigionano amore per altri volti.

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